venerdì 31 dicembre 2004

Botti

Di corsissima, scappo.

La parola chiave è: dovere.

Risparmiare l'acqua.
Camminare molto.
Guardare spesso in alto.
Non rimanere muti davanti agli arroganti.
Difendere i bambini dal consumismo.
Imparare a parlare senza doversi sempre spiegare.
Godere della solitudine, ma anche del vivere insieme a chi si ama.
Saper sempre ringraziare.

Bum finale:
Sentirsi vivi. Nell'amore come nel dolore.


giovedì 30 dicembre 2004

2005: -2

Non che non voglio fare gli auguri di buonanno. Li ho fatti e li faccio, ma sono di un buonanno che - passato questo momento in cui i media ci bombardano, anche giustamente – ci permetta di vedere la rinascita di questo SudAsia già normalmente frustato da monsoni e cicloni. Questo blog dona un silenzio: io non stapperò, non brinderò. Perché nel mezzo di un mesto – causa quotidiano, che non sempre permette il lusso di pensare davanti alla pagina da inviare – oltre a seguire la situazione, e le cifre che aumentano, e ad offrire i propri, simbolici aiuti (qui avete ogni informazione a riguardo sia nei testi, che nei link in alto a sinistra), io sono rimasta con gli occhi incollati a quelli di quel padre ricoverato in ospedale cui il proprio bimbo, strappatogli dalla furia del mare, è stato ritrovato ed è nuovamente con lui. Al di là del sensazionalismo, quel suo dolore si è connesso con il mio.

Non c’è, forse oltre l’amore, forse perché è amore elevato ad amore, nessuna sensazione per me più forte di quella di ritrovare un bimbo che hai, anche per due secondi, perso. Chi ce l’ha, lo sa.

mercoledì 29 dicembre 2004

On the road_2

Scendo dal 910 all'ultimo minuto, "che per favore mi può fermare QUI?" a due passi dalla fermata e dal davanti, tutto proibito. Ma gli autisti romani sono, si sa, generosi, e dopo aver indicato ai tanti stranieri con valigette ed indirizzi scritti su pezzetti di carta l'ubicazione aprossimata delle ambasciate sparse per i Parioli, appena cominciato viale De Cubertin e apparse le sagome gobbute dell'Auditorium ha captato la mia agitazione e mi ha fermato tranquillo, permettendo la scena neorealista di una che salta dall'autobus nella strada deserta, un impermeabile rosso, il rumore del motore che si allontana, pozzanghere che riflettono il cielo. Un giro veloce ed eccomi dentro alle linee pure come pentagrammi puliti, sotto lo scuro acciaio delle volte, alla ricerca del rotolo di "On the Road", di cui parlavo il 21.

Due pompieri in visita, due addette alla vigilanza, una giornata morbidamente grigia, confusamente fredda. Esteso in una teca trasparente, protetto come un malato in rianimazione - la stanza non ha finestre, c'è un vago pezzo di jazz in sottofondo, luci soffuse - ecco il dattiloscritto. "Si può venerare così un libro, un testo?", mi chiedo mentre leggo le prime righe come se vedessi i Giotto agli Scrovegni o a Santa Croce in Firenze. Avrei cercato dopo alcuni dei miei pezzi preferiti, se nella impudente richiesta di poter fare una foto senza flash, l'addetta elegantissima non me lo avesse negato.
- Io non l'ho letto, me l'ha prestato un'amica, ho cominciato da poco.
- Lo legga.
- Queste foto, anche, sono bellissime, si vede che soffriva.
- Hmm -(
Come si può non soffrire quando si sa di stare nella bocca della storia?)
- La foto, lo sa, non posso permetteglierla, il direttore è stato chiarissimo, la carta si rovina, vede, ci sono le macchine laggiù, le vede...
- Ah, certo, le ho viste -
(ma sento benissimo il battito, sta bene)
- Ma le fotocopie, questi articoli, gliele posso dare...
- Lei l'ha letto? -
è l'altra addetta che parla, seduta davanti ad un computer, mentre i pompieri mi fissano curiosi.
- Il mio ormai è in brandelli, di quante volte l'ho letto...


Fontana della Barcaccia a Piazza di Spagna Posted by Hello


Mentre scendevo a piedi la Flaminia, o piuttosto a piedi entravo in Roma da Porta del Popolo, e camminavo sotto lo sguardo delle facciate multiocra, fino al respiro di Piazza di Spagna, pensavo: "Perché non l'ho portato, come un figlio che mi ha accompagnato in tutti i vagabondaggi, per far che finalmente conoscesse suo padre?"

Una citazione

Soprattutto, non date credito ai vostri amici, quando vi chiederanno di essere sinceri con loro. Aspettano soltanto che voi li manteniate nella buona idea che hanno di loro stessi, apportando loro un’aggiunta di certezza che tireranno fuori dalla vostra promessa di sincerità. Come sarebbe, la sincerità, una condizione dell’amicizia? Il gusto della verità in tutto e per tutto è una passione che nulla risparmia e a cui nulla resiste. E’ un vizio, qualche volta una comodità, o un egoismo. Se, pertanto, vi trovate in questo caso, non dubitate: promettete di essere veri e mentite il meglio possibile.

Albert Camus, La Chute, libera traduzione.

martedì 28 dicembre 2004

Quanto sei bella Roma_7


Anche se sul Pantheon sono passati i secoli... Posted by Hello



San'Ivo alla Sapienza svetta verso il cielo Posted by Hello


Come si fa a non uscire di corsa con questo sole????

lunedì 27 dicembre 2004

Hit the road, Jack

Quando piove a Roma ho la sensazione di mettermi gli occhiali di Ray Charles, ben aderenti davanti e ai lati, poi uscire per non vedere nulla, inzupparmi tutta malgrado l’ombrello, ed a partire dai piedi, stivali o non stivali; raggiungere la macchina giurando la sfortuna che crediamo di avere e che fa smettere di piovere appena mettiamo la prima e partiamo. Ma no, oggi no, è stata una gimkana sotto gli schiaffi crudi di lampi ben svegli, acceccata da oceani di gocce contro i quali nulla possono fare i miei tergicristalli, circondata dalla condensa e con i vetri aperti, con le aleatorie luci della tangenziale un po’ accese ed un po’ spente, le misteriose pozzanghere che vede soltanto quello davanti a te - una cosa fumosa alla quale si accende uno stop solo. L’autostrada fatta di pezzi di asfalto assorbente ed altri no scorre sotto le ruote come se fossero dei minisurf. Vado così, sotto la mole di acqua, con le dita incrociate sulle labbra a chiedere la protezione della fortuna, e canto come sempre ma come sotto un tornado, pronta a urlare di terrore: scivolo, scivolo mentre l’orchestra ed il piano di Paolo Conte girano torrenziali anch’essi, come se anche nello studio di registrazione, allora, avesse piovuto a questo modo, e lui ridesse, ridesse con i denti affilati mentre tremano le lamiere e sbattono i rami rotti sul tetto. Ecco, comunque arrivo, non c’è davvero nessuno per le strade, posso permettermi di affrontare la più grossa pozzanghera nella curva di arrivo al lavoro, attaccarla come farebbe una nave pirata, alzare un muro d’acqua, accelerare e ridurre in due metri, arrivare ed spegnere il motore, lasciare che l’abitacolo si appanni e che la musica martelli; no, non voglio uscire ma vado.

E penso che non ho mai sentito vacanze di Natale così. Forse è anche una proiezione, ma intorno a me ho sentito un voler rifugiarci, isolarci nelle nostre stanze, per un certo tempo X staccare da tutto, un po’ come se si fosse intorno a Ferragosto e sotto sotto volessimo sfuggire, cancellare, ricoprire ogni nostra ansia e paura e ci riuscissimo per un po’. Silenzio nelle strade, siamo tutti a casa. Eppure credo che bisogni ridiscendere per le strade, prima che le buche le rendano impraticabili al buon senso e alla gioia di vivere.

domenica 26 dicembre 2004

Banale

Ma come, ci sono ancora un'altra cena di durata infinita ed un'altra mattina in cui la città sembra definitivamente deserta?

Allora... non era Capodanno???
Almeno non piovesse a questo modo....



venerdì 24 dicembre 2004

Parafernalia degli auguri

Auguri perché siamo vivi.
Auguri perché siamo tosti.
Auguri perché cantiamo.
Auguri perché ogni giorno verifichiamo che il nostro flusso scorra insieme agli altri.
Auguri perché ci piace goderci la vita, nella misura in cui non togliamo niente ad altri.
Auguri perché aspettiamo.
Auguri perché sappiamo che dobbiamo ancora amare, odiare, amare, odiare, amare.
Auguri a noi che leggiamo, che impariamo, che condividiamo le immagini che ci piacciono.
Auguri a noi per la sorpresa, la meraviglia, la gioia di rinascere dal dolore.

Immaginate questo post come una tavola imbandita, altro che cartoline e animazioni in Flash.
E questo vale per sempre.




giovedì 23 dicembre 2004

Ritagliati

Volevo riprendere l’effetto del sole sull’erbetta dei prati dell’azienda vicina, mentre i tombini della stradina di accesso fumavano vapore perché il sole leonesco, di criniera ben definita, implaccabile scioglieva tutta la brina che per la prima volta ha resistito su Tiburtina Valley. In questi giorni vado in giro tentando di carpire questa luce che soltanto l’inverno regala, che ritaglia le cose senza permetter loro una minima aura. La ingoio dagli occhi, sui volti e sulle cose, perché è la gemella Lilith della luce mielosa, piena, delle ottobrate rosate sui travertini. Altro che una carezza del sole: è uno schiaffo. Volevo fermarmi a fare colazione al distributore, ma era tardi, e volevo riprendere le cornacchie sul prato, ma ovviamente le signore hanno freddo e se ne stavano a gracchiare basso sui pini mentre io tentavo di far entrare l’obiettivo nei buchi della recinzione. La morsa del traffico allenta perché tutti, presumo, hanno tirato un fiato sui regali di Natale, ripresi dalle telecamere dei tg di tutte le emittenti mentre “aprofittiamo di questo ultimo weekend per fare i regali” ingozzando di buste e bustine tutte le strade, occupando come SUV umani il poco spazio a disposizione. Adesso nemmeno sulle rampe di decollo della tangenziale mi sfiorano impazziti ragazzotti vittime di risveglio muscolare. Siamo tutti ricotti, in attesa della liberazione, rassegnati. Forse ignari sono soltanto quelli che, come una signora seduta sui più estremi sedili di una corriera blu ammaccata sui laterali, ricoperta fino in testa di colori marroni-grigi e raggomitolata su sé stessa, vanno verso qualche lavoro ad ore, sonnecchiando. Il sole l’ha colpita mentre giravo la curva di accesso al raccordo e con la coda dell’occhio vedevo il pratino anonimo oggi bianchissimo, una pagina di brina che voleva una penna e l’immortalità.


Taglio di luce Posted by Hello

Dalla mia finestra vedo la luce impudente che spoglia d’ombra gli alberi. I giardinieri raggruppano le foglie con i rastrelli. Nella mia mente, lontano adesso, l’Atlantico. Vorrei sentire il freddo salmastro nelle mani…

mercoledì 22 dicembre 2004

Una poesia

Dalla mia statura io non posso pretendere
di vedere il tuo sguardo non distratto
e su di me posato, come un mucchietto di zucchero
che si scioglie, affonda
nella schiuma
la scala discendente di un amore rubato.
Ma lo vorrei
uno sguardo così, che mi ridoni
i contorni, l’entità, l’ombra della notte
e se fuori fischia tanto di quel vento
che turbina e minaccia
il passato da lupo
che il tuo sguardo sia
quella souplesse del domatore stanco
nel carezzare una bestia che tace.

Che sia lo sguardo
a dirci quando dare il primo passo.

Mangiare con gli occhi_2


La bieta Posted by Hello

Prima il caffé, poi preparare il contorno. Prima il caffé, prima il caffé, prima il caffé.....

martedì 21 dicembre 2004

On the road

Mentre come al solito giravo sull'autostrada verso il lavoro, sentendo l'energia degli ottoni della band di Jimmie Lunceford, ho ricordato la voce di Neal Cassady dire ai musicisti nella nera notte bop: "Soffia! Sì, soffia!" Poi ho ricordato che il dattiloscritto originale dell'"On the road" di Jack Kerouac, per chi sta a Roma, è visibile all'Auditorium. Chi c'è, se per lui/lei la lettura di questo testo ha significato qualcosa, vada.

sabato 18 dicembre 2004

Io, fotografare?....

Lo scrivano di questo blog, cui ancora non ho linkato (cenere a palate sui rossi capelli...) ha preso alcune delle sue più belle foto di paesaggi piemontesi ed ha fatto un calendar. Andate a vederlo. Io quasi quasi torno alle macchinette usa e getta....

Considerando le giornate che ho di preparazione al santonatale (e tutti capite di che si tratta, ognuno ci ha i suoi, di racconti dettagliati sulla sciagura in questione) non riesco nemmen per sogno a scrivere un mezz'etto delle tonnellate di cose che penso, che vivo, che credo di vivere, etc. Ma appena arrivano le vacanze...

giovedì 16 dicembre 2004

Net to be_cose cinesi!

Dopo una sosta… mia stavolta, ecco una striscia sui mercatini, la moda di quest'anno. Se vi piace, il resto è qui, da:R:ob Grassilli

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Look at me

Io guardo le persone con intensità. Non che sia una grande fisionomista, non riuscirei a dire di che colore hanno i capelli o la forma delle loro mani. Ma provo ad affinare la percezione che porti a capire dai gesti uno stato d’animo. Questa mattina ho guardato quasi distrattamente un uomo asciutto sulla cinquantina, fermo al semaforo. L’ho guardato apprezzante, giacché indubbiamente aveva speso un bel po’ di tempo davanti allo specchio non soltanto per mettersi a posto i capelli etc, ma anche per riconoscersi ed introiettarsi come sé stesso e non come perdente o come nulla. E lui mi ha corrisposto con uno sguardo d’incredulità, e di paura quasi, come un bambino preso con il biscotto in mano. Certo, sono sensazioni che io gli ho deciso, potrebbe anche essere soltanto il fastidio di essere guardato forte da una donna, che alcuni si vivono come invasione. Eppure mi capita spesso, mentre il contrario è raro; qualche volta è successo, e mi sono sentita studiata dall’entomologo pronto con lo spillone in mano. Ho sorriso, pensando a me stessa che guardo così, e a come modulare per gli altri questa impressione di bellissimo/schifoso insetto osservato.

La città è piena di persone che davanti allo specchio, tutte le mattine, non si guardano, non si parlano, chiudono degli occhi di dentro. Io stessa non sempre alzo le braccia nel gesto del pugile pronto alla lotta, (un incoraggiamento nelle giornate in cui fuori ancora non se n’è andata la notte e non si sa se ci sarà la luce) oppure non mi dico “tu hai soltanto me” ma vedo una bambola alla quale pettino i lunghi capelli, cui tolgo a fatica le ragnatele della notte dagli occhi. Essere sconosciuti, altri a sé stessi, permette di buttarsi nel quotidiano senza mettersi in discussione, senza atterrarsi. Ed ecco che allo sguardo altrui siamo quasi completamente vuoti, è soltanto visibile una finestra “Inserire password”…

martedì 14 dicembre 2004

Lazzaretto

Faringite, mal di gola. Riesco ad usare il linguaggio dei segni:
"Che ora è?"
"Un po' di succo d'arancia"
"Chiudete le finestre e le imposte"
"AAAArrrgggghhhhhh!!!!"

sabato 11 dicembre 2004

Panorama inevitabile (Una mattina a Firenze_3)

E non ci posso fare niente. Chi l'ha vista la vuole rivedere. E basta.


Piazzale Michelangelo Posted by Hello

Cavallucci e dintorni (Una mattina a Firenze_2)

Io ci sono stata, in questo negozio. Odora di pane. C’è, ma non soltanto, soprattutto del buon pane. Ci si può anche prendere il caffè, appoggiare per un po’ la borsa della spesa. Fuori il sole ritaglia Porta al Prato contro il cielo. Con un semplice pensiero potete passarci sotto, in groppa al cavallo, e perdervi per i colli, verso LONTANO.


Porta al Prato Posted by Hello

Una mattina a Firenze e ritorno

Quando li ho visti arrivare in tre, che sembravano due piloni ed una mezza ala, inguainati nei gilé di piumino e le felpe che li facevano ancora più grossi e larghi, ho pensato che si trattasse di tre giocatori di rugby. Guardavo loro le orecchie, le mani. E loro in cambio, impacciati dal mio giornale spalancato e dal genere intello-presuntuoso della compagna occasionale di viaggio, non spiccicavano parola; quello che ogni tanto dicevano rimaneva alle mie orecchie un misto incomprensibile di linguaggio bofonchiato. Io ero immessa nel giornale fino al bordo degli occhiali. Dopo un po’, a Orvieto più o meno, hanno comiciato a tirar fuori i cellulari, quelli che si aprono come una rosetta, belli acciaiati-colorati, e a chiamare Tizio e Caio per dir loro “sto andando a Bologna”, “sono sull’Eurostar”, ed altre frasi quasi monosillabiche. Ogni tanto, distratta, smetto di sottomettere le pagine del giornale a delle impossibili pieghe che evitano il contatto con il più grosso dei tre, per guardare fuori. L’immenso tappeto dei cereali, inframmezzato di vigne addormentate, luccica verde per chilometri e chilometri, sotto un sole angolato. Loro richiamano ad altri amici, chiedono dell’albergo, e a poco a poco sento delle parole chiaramente partenopee, capisco che sono muratori o manovali o boh ma comunque non giocatori. Delusione mignon, quanto avrei imparato. Il giornale m’è finito, sembra un tramezzino mezzo mangiato appoggiato sul piatto di un baretto che sta per chiudere. Lo offro loro, ma rifiutano con borbonico garbo. Siamo al bivio Rovezzano, dopo un po’ ecco Firenze che entra dentro al treno come un liquore lento lento, binari che aumentano e sventagliano scoprendo officine e depositi, veicoli gialli di servizio, una parata di motrici in livrea XMPR, pantografi zittiti, lontani dalla linea, semafori…. Il treno sembra sempre accelerare quando entra in Firenze, finalmente le banchine, mi metto i guanti e scendo nel colore ambarino di SantaMariaNovella, attraverso in mezzo alle ondate di gente e di voci dagli altoparlanti che mi chiamano a “Prato”, “Livorno”, “Torino”, “Venezia”. Arrivo al bar di fronte e mi ricordo: "(No, non dire cornetto, non qui…) Un capuccino scuro, e una brioche”. E poi a S. Lorenzo, sui lungarni, San Miniato....



Mercato di San Lorenzo Posted by Hello

venerdì 10 dicembre 2004

Due passi nel biancore

Dove vai, bel ragazzo dai fluenti capelli biondi, un naso un po’ importante, passo urgente e leggero? E’ tardi, è tardi, ma il Vittoriano è ancora aperto…



Posted by Hello


Discesa da dietro le mura Vaticane, dopo aver consegnato la mia Olympus manuale all’ospedale autorizzato e aspettato un 46 sotto i voli radenti dei colombi, mentre nel bar di fronte ai Musei due guide giapponesi mi guardano sgomente, attraversato il Tevere su cui si chinano rugginose le dita carezzevoli dei platani, mi sono avventurata nella “macchina da scrivere”, nella “torta di nozze”, questo monumento che nulla c’entra con il medievale dintorno che lo circonda, un faro bianco che attira turisti per i quali sono uguali il Palazzo di Giustizia ed il Colosseo. Gli impiegati nicchiano dietro ai loro banchetti, falcheggiano tutti quanti con l’occhi a catenaccio delle guide e delle cartoline. Gruppi scolastici non DI RAZZA EBRAICA galoppano sulle pedane apposte davanti a pannelli pieni di foto e documenti storici della mostra sulla Shoah. Poche persone leggono e seguono i testi inframmezzati dal vocione del Duce. Riconosco perditempo come me, meste donne di casa o pensionate che passano molto tempo davanti allo specchio prima di uscire, che non hanno da fare; perché oggi ho mollato tutto, mi sono tappata il naso, salgo gli scaloni ripidi, sfuggo al Risorgimento, e mi butto in uno degli spazi inferiori dove è stata segregata una mostra di pochi quadri di Zonaro, (artigiano pittore e professionista ad Istambul, vedere le sue opere è gratis) tra cui un’odalisca con sigaretta accesa che farebbe le delizie degli incalliti fumatori, insieme a dervisci che gridano e scrivani di strada. Poi ancora scaloni, una mostra sull’intervento italiano in Irak completamente deserta, busti di severi antenati e la freccia sicura che indica le terrazze panoramiche.
Ho girato curiosa, abbagliata dal bianco del marmo, esagerato e piatto come fosse il gesso del modello originale, invidiando gli attici di seminascosta squillante verzura, che si affacciano sui Fori, su Piazza Venezia; mi sono fermata ad osservare le tegole delle cappelle dell’AraCoeli, imponente vicina piena di tesori, che alcuni saltimbanchi cambiavano con altre nuove, senza macchiette verdi e grigie, lucidate. Il bar, annunciato dai cartelli in fondo alla spiaggia bianca più delle Maldive, era un posticino con terrazzino riservato che minacciava prezzo esorbitato, e quando ho visto uscire due camerierini con sui palmi vassoi di piccoli dolcetti ho capito che il caffè lo avrei bramato fino ai miei fornelli. E poi sono scesa, altro che Piazza di Spagna, scaloni perfetti con studenti che tirano fuori roba da mangiare dagli zaini, lattine, silenzio e fame.

Due ragazzine, sull'85.
- ….forse sono riusciti a mantenerlo occupato anche dopo Natale, quest’anno… non so se autogestione o cogestione, non è la stessa cosa…
- …bello sai, non è come a casa, che ci sono i parenti, lì è come una casa tua, stai con i tuoi amici in una casa tua, è proprio così bello, per me è una figata pazzesca…
- …gli striscioni, credo che ce li mettono, ma con la K..
- …prova a dirlo senza, cavour cavour cavour, liceocavour, non è reale…


Dall’altra parte dell’autobus passa un Porter di un’impresa di pulizie. Il guidatore, un gomito appoggiato alla finestra abbassata, discute con una donna seduta dietro in mezzo ad un mucchio di scope. Si sta schiacciati. Scendo i ragazzi che vanno a casa a mangiare mentre si punzecchiano, fanno cappotti ai compagni ed imitano i maestri.

Una gatta nera mi guarda smarrita. Gli occhi di una bambina. Mi chiede come fare a tagliare i pezzi di formaggio lunghi e duri che qualcuno ha appoggiato su uno scottex, vicino alla spazzatura. Alzo le sopraciglia in un muto non-lo-so. Il cielo gira e ci lascia cadere due gocce, tre, quattro, quattro, otto. Corro fino a casa…

giovedì 9 dicembre 2004

Una poesia

Ridiamo
respirandoci addosso
l’urgenza di parlarci.
Ogni tanto
un silenzio così
perfettamente complice
e la voce è ostile
terminata.
Affacciati
verso questa cesura
ci guardiamo
là dove più morbide si fanno le labbra
là dove ci socchiudono
un luogo di pretese.
Riposiamo.

mercoledì 8 dicembre 2004

My room (in dreams)

Tema: la vostra stanza sognata.
Svolgimento: Se potessi definire il luogo dove normalmente vorrei lavorare – e cioè scrivere, tradurre, comunicare in determinate modalità con una parte del mondo, disegnare, aprire a caso pagine di certi libri oppure andare a cercare il libreria quel-libro, spolverarlo e cercare durante mezz’ora la frase sottolineata che definisce quell’esatto momento, portarmi un bel caffè denso alle 2 del mattino e lasciare lì la tazzina per poi fotografarla, mischiare le carte per un solitario Diplomat da poggiare su di un tavolino rigorosamente coperto di panno verde, guardare un disegno di mio figlio ogni volta che evado a pensare, studiare e venticinque o ventisei altri “etc.”. – sarebbe fornito, in primis, di chiusura a tempo come le casseforti. Orari regolari, finestre aperte verso la città, la musica quando voglio ed al livello acustico che voglio (di notte le cuffie senza fili, anche se da lontano potrei sembrare un clone di TheFly, andrebbero bene), ed il tavolo, di almeno 2 x 1,5, con lucina alogena (ma in altri tempi è andata ugualmente bene una flessibile ministeriale, di quelle verdi o nere) e due o tre cassetti ed un portacarte indiano zeppo, che mi ricordi la mia confusione. Una sedia con i braccioli, per potermi storcere sopra.

Gli abitanti di questa casa entrano ed escono e mi interrompono al telefono o più semplicemente in mezzo all’elaborazione di un pensiero complesso - è la sensazione di guidare veloce, in quinta, e dover di botto fermarsi e ripartire con la stessa marcia. Ci vuole la prima, o blackout evidente del motore – e io, con il proprio maelström che oscilla come un quadro di Pollock, ho un bisogno immediato di 80 mquadri-e-cubi di respiro. Ecco. Pareti bianche no, ma ben lontane. E silenzio. E notte.

Una citazione

Gli uni gridano: “Amami!”. Gli altri: “Non mi amare!”. Ma una determinata razza, la peggiore e la più infelice: “Non mi amare, e siimi fedele!”

Albert Camus, La Chute, libera traduzione.

martedì 7 dicembre 2004

Fast_forward

Oggi in autostrada, luogo dove passo una parte intensa e pensante del mio tempo libero, si è materializzato dietro a me un ragazzetto dentro ad una Ford Focus blu, e siccome si è un po’ appiccicato l’ho guardato subito con occhio severo, pronta alla rissa, al gestaccio “ma vedi che c’è traffico, che ti appiccichi, cretino!”. Invece mi è rimasta la bocca così, perché il tipetto in questione, belloccio peraltro, cantava, cantava a squarciagola qualcosa, cantava felicemente dentro la sua macchina così come faccio io. E volevo non perderlo di vista, memorizzare quell’espressione di gioia e portarmela dentro per tutto il giorno, in mezzo agli elenchi e le elaborazioni informatiche e le telefonate piene di problemi irrisolvibili. Ad un certo punto ha svoltato a destra ed è uscito. Definitivo.

Dietro era rimasto uno spazio immenso ed ho accelerato per scappare, per non vedere le altre facce comuni di tutte le mattine, che mi guardano senza espressione, morte, mentre canto la vita che è ovunque ed il fluire del bene e del male…

Net to be_epici/epocali

Dopo una sosta… strategica, leggete da lui il perché, ecco un’altra striscia. Il resto è qui, da:R:ob Grassilli

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domenica 5 dicembre 2004

Domenica

Andare, andare via. Un ragazzo ben coperto e con i mezzi guanti apre a libro ed incolla un manifesto elettorale nel sostegno apposito, arrugginito, con l’SPQR che campeggia sopra, orgoglioso e separato nel freddo del mattino. Appena messo il primo pezzo di copertone sull’autostrada mi vengono incontro odori e paesaggio, una luce offuscata di umidità, una sensazione di domenica nella quale gli altri dormono, mentre io salgo e scendo le curve e le colline e mi butto dentro le bocche delle gallerie con uno spirito ontheroad esatto a quello che cominciò il tutto. Sempre viaggiare, con il motore docile alla mano, i lavori stradali fermi, lo spazio libero a destra, dove di solito l’aria è chiusa dai grandi camion, o dagli autobus a due piani che vengono dal Sud e mi fanno desiderare i loro chilometri, le loro lievi sonnolenze di passeggeri dovute alle alzatacce o alla pioggia, con sottofondo di radio o di cassette comprate negli autogrill. Le case ai bordi della strada tacciono e soltanto nei paesi si aggirano persone i cui gesti fanno parte di una domenicale passeggiata che anch’io ho vissuto tanto tempo fa. I casellanti stanno chiusi nel silenzio delle giacche pesanti e io ritardo apposta la ricerca di spicci per osservarli mentre guardano lenti lo schermo della cassa od un punto al di sopra del cofano della mia macchina. Non è giornata uguale alle altre; la domenica è parentesi, ma non per il paesaggio autunnale che spiega, umile pavone, delle piume imperfette nella nebbia. Come quando il pastore esce senza le pecore, per il gusto assoluto di sentire la terra sotto i piedi e nel naso. Mentre passo sotto le gallerie verdirosseruggine guardando l’edera che stringe trionfatrice alcuni alberi spogli, so di starmi facendo una sigaretta lenta, una fumata di piacere solitario. Fermo la macchina alcune volte, per tentare di fissare i colori, ma so bene che è già stato dipinto e fotografato tutto; i faggi, le roveri, i frutti della rosa canina vogliono soltanto entrare negli occhi, la macchina fotografica perfetta; un contatto umano, finire seduti in un cassetto della mente. Soltanto.


Posted by Hello

Rimpianto, ma lieve, di non essermi persa nei boschi, per qualche ora, nel silenzio assoluto, fino che il pensiero si fosse fermato, e poi ripartire…


sabato 4 dicembre 2004

To Do

Si, scrivere, l'ho da fare. Ma.. nessuno ha sentito parlare di ordine e pulizie prenatalizie? E la preparazione di albero+presepe? E nel mentre che queste cose si formano dal magma in cui le avevo collocate l'anno scorso, voglio andare a sentire dei concerti (questo, per esempio, E' IMPORTANTE), preparo due viaggi in treno, parcheggio miracolosamente a SLorenzo, oggi minilaboratorio di ceramica per bambini, la spesa in tre discount diversi.... e osservo, vedo, osservo, sento, tentando di non farmi scappare nulla, come quando un caffé (o qualunque cosa vi faccia lo stesso effetto) è buono e vorresti conservare quel sapore per tanto, tanto tempo...

Comincio anch'io, come lui, a sentire una certa insofferenza.....