venerdì 10 dicembre 2004

Due passi nel biancore

Dove vai, bel ragazzo dai fluenti capelli biondi, un naso un po’ importante, passo urgente e leggero? E’ tardi, è tardi, ma il Vittoriano è ancora aperto…



Posted by Hello


Discesa da dietro le mura Vaticane, dopo aver consegnato la mia Olympus manuale all’ospedale autorizzato e aspettato un 46 sotto i voli radenti dei colombi, mentre nel bar di fronte ai Musei due guide giapponesi mi guardano sgomente, attraversato il Tevere su cui si chinano rugginose le dita carezzevoli dei platani, mi sono avventurata nella “macchina da scrivere”, nella “torta di nozze”, questo monumento che nulla c’entra con il medievale dintorno che lo circonda, un faro bianco che attira turisti per i quali sono uguali il Palazzo di Giustizia ed il Colosseo. Gli impiegati nicchiano dietro ai loro banchetti, falcheggiano tutti quanti con l’occhi a catenaccio delle guide e delle cartoline. Gruppi scolastici non DI RAZZA EBRAICA galoppano sulle pedane apposte davanti a pannelli pieni di foto e documenti storici della mostra sulla Shoah. Poche persone leggono e seguono i testi inframmezzati dal vocione del Duce. Riconosco perditempo come me, meste donne di casa o pensionate che passano molto tempo davanti allo specchio prima di uscire, che non hanno da fare; perché oggi ho mollato tutto, mi sono tappata il naso, salgo gli scaloni ripidi, sfuggo al Risorgimento, e mi butto in uno degli spazi inferiori dove è stata segregata una mostra di pochi quadri di Zonaro, (artigiano pittore e professionista ad Istambul, vedere le sue opere è gratis) tra cui un’odalisca con sigaretta accesa che farebbe le delizie degli incalliti fumatori, insieme a dervisci che gridano e scrivani di strada. Poi ancora scaloni, una mostra sull’intervento italiano in Irak completamente deserta, busti di severi antenati e la freccia sicura che indica le terrazze panoramiche.
Ho girato curiosa, abbagliata dal bianco del marmo, esagerato e piatto come fosse il gesso del modello originale, invidiando gli attici di seminascosta squillante verzura, che si affacciano sui Fori, su Piazza Venezia; mi sono fermata ad osservare le tegole delle cappelle dell’AraCoeli, imponente vicina piena di tesori, che alcuni saltimbanchi cambiavano con altre nuove, senza macchiette verdi e grigie, lucidate. Il bar, annunciato dai cartelli in fondo alla spiaggia bianca più delle Maldive, era un posticino con terrazzino riservato che minacciava prezzo esorbitato, e quando ho visto uscire due camerierini con sui palmi vassoi di piccoli dolcetti ho capito che il caffè lo avrei bramato fino ai miei fornelli. E poi sono scesa, altro che Piazza di Spagna, scaloni perfetti con studenti che tirano fuori roba da mangiare dagli zaini, lattine, silenzio e fame.

Due ragazzine, sull'85.
- ….forse sono riusciti a mantenerlo occupato anche dopo Natale, quest’anno… non so se autogestione o cogestione, non è la stessa cosa…
- …bello sai, non è come a casa, che ci sono i parenti, lì è come una casa tua, stai con i tuoi amici in una casa tua, è proprio così bello, per me è una figata pazzesca…
- …gli striscioni, credo che ce li mettono, ma con la K..
- …prova a dirlo senza, cavour cavour cavour, liceocavour, non è reale…


Dall’altra parte dell’autobus passa un Porter di un’impresa di pulizie. Il guidatore, un gomito appoggiato alla finestra abbassata, discute con una donna seduta dietro in mezzo ad un mucchio di scope. Si sta schiacciati. Scendo i ragazzi che vanno a casa a mangiare mentre si punzecchiano, fanno cappotti ai compagni ed imitano i maestri.

Una gatta nera mi guarda smarrita. Gli occhi di una bambina. Mi chiede come fare a tagliare i pezzi di formaggio lunghi e duri che qualcuno ha appoggiato su uno scottex, vicino alla spazzatura. Alzo le sopraciglia in un muto non-lo-so. Il cielo gira e ci lascia cadere due gocce, tre, quattro, quattro, otto. Corro fino a casa…

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