domenica 29 ottobre 2006

Pandora



Lasciami, avevi detto, non sopporto più questo rapporto dai silenzi ossuti, ai quali ci obblighiamo per evitare un vero incontro. Forse avremmo costruito qualcosa di diverso dal cavallo di Troia che ora ci mostriamo, da finestre dirimpettaie, impauriti dal riflesso dei nostri binocoli.

Io ti seguivo. Avevo creduto d'imparare qualcosa, dopo tutti quei anni, di tutto quel prendere e lasciare ozioso, tante metamorfosi: ma non era vero, nell'amore non c'è di solito nessuna verità oltre all'esaltazione, alla momentanea felicità. Ti seguivo ed ogni tuo passo era il vibrare metallico di una corda, qualcosa che mi lasciava un'eco per i giorni a venire, e solo io lo sapevo.

Va bene, risposi. Tolsi il sonoro alle tue immagini che andavano qua e là fondendosi in altre braccia. Piangevo, diventando parte di quel fiume che soltanto le donne conoscono. Volevo scomparire. E fu allora che tu girasti la testa, forse per vedere se me n'ero andata, con sulle labbra un ultimo sorriso. Lo presi con le mani e lo modellai: un'immagine può essere disciolta negli occhi che si voltano verso l'interno, e conservano per sé quel che fu amore...

sabato 28 ottobre 2006

Daylight saving time ends

Domani il giorno si accorcia. Domani i muratori che stanno rendendo reggia una casa sopra la mia, con annesso terrazzo, lavoreranno comunque: ma mi risparmieranno un'ora. Domani non vedrò uscire pigramente da nuvole grigie il sole, d'oro come nelle fiabe: tutto sarà già in movimento, prima che riesca ad accorgermene.

Domani vorrò rintanarmi. La mia natura di orsa mi accompagnerà per molti giorni. Sarò rimescolata, confusa; mi coccolerò e consolerò nella mia malinconia autunnale. Mi chiederò molte volte, davanti alla macchinetta del caffé che borbotta, cosa vale la pena. Sarò, per qualche tempo, un po' più fragile.

E un pomeriggio tirerò fuori la teiera, ben intrisa degli aromi del Lapsang Souchong. Accenderò candele profumate, metafore della luce diurna. Sorseggerò lentamente, lasciandomi avvolgere dal profumo di un bastoncino di cannella che nuota nella tazza. Chinerò la testa all'inverno...

mercoledì 25 ottobre 2006

A vista d'aquila

Vedere le città dall'alto o da lontano, riconoscere le cupole, le strade, la forma dei quartieri: uno sport da vera cittadina. E quando questo sport si fa su questa città, se questo vedere dall'alto è anche storico, lo trovo ben più bello...

sabato 21 ottobre 2006

Un autunno non spietato con tutti



Giro con una giacchetta antipioggia presa con i punti del gasolio, e porto in borsa un'Iliade 10x15 stampata su carta velina. Ho davanti alla caviglia sinistra un livido grande come un toast, e mi sono presa una cotta per due piedi piccoli e perfetti, cui penso a tratti, quando sono troppo sopraffatta. Devo rifarmi l'henné.. O Ulisse, in prudenza pari a Zeus, stacca ben lontani dalla mia macchina i bordi dei marciapiedi, i gardrail, i muretti. Tienimi sveglia finché finisce questa canzone dei Deep Purple. Lascia così i semafori, giallo lampeggiante continuo; evita che queste due donne ferme a parlare in macchina spengano quei fari che occultano loro e tagliano a me i pantaloni evidenziando vecchie macchie che non superano nessuna pubblicità.

Io non so suonare, non so cantare; sono come una bambina, ma non importa. Seduta vicino al quadrato di poltrone del La Palma, riesco a vedere l'ombra di un'animale rosso scivolare sugli occhi del cantante e lì restare per diventare il suo personale camouflage per la notte. Riesco a vedere la luce vistare con un Ok d'argento le dita che scivolano sapienti su una tastiera. Riconosco il tremito di una mano che crea insieme una carezza e un suono. E so respirare il passaggio dall'impatto del palco alla serenità del lavoro compiuto. Il gruppo rimane compatto e serio dietro la banchetta su cui Luca cambia le sue chitarre, introduce le sue canzoni, comunica con i bordi degli occhi, ascende e non vuole cadere mai. Il suono - più lisergico, molto elettrico, con ai bordi pianismi sognanti che stanno come l'oro sull'icona e il ritmo due ottave meno protagonista del solito - emerge potentissimo e sostiene la voce: una voce issata, dai muscoli tesi. Mi piace risentire le vecchie canzoni, mi piace vedere come si evolvono i rapporti tra gli strumenti: in Discografia c'è un condividere tra pari. C'è un futuro dietro a questa serata: il domani suona forte, tutto bene. Possiamo andare dietro alla porta, chiudere gli occhi, ripartire, guardare negli occhi coloro che applaudono, che ci amano.

Ci sono notti da cui non vorrei mai uscire. Cammino e scrivo con la mente, come tanti prima di me, tentando di afferrare una metafora o un concetto che poi ruberà Morfeo, il collezionista di attimi. In mezzo un breve accordo di due note esce dalla radio, o m'interrompe la fissità illusoria di un aereo che scivola su Ciampino. Una casa illuminata da diverse tonalità di luce viene ornata da un lungo fogliame di nuvole. Tutto succede contemporaneamente. Impossibile fermare le immagini.

sabato 14 ottobre 2006

Minimal tourism



Everso II degli Anguillara, particolare dello stemma - Ospedale di San Salvatore, Complesso San Giovanni Addolorata

Ci sono due cose che Roma ha e le altre no: i gatti e le carpe. Non c'è un posto dove io non li trovi: abituati al loro mantra di acqua, o alle voci nature dei cortili, sono compagni silenziosi. I gatti, guide sornione che guardano sdegnose i luoghi dove la storia si è fermata; le carpe spesso enormi, capobranco orgogliosi di specchi vellutati, di muschio e capelvenere, vicini al marmo degli stemmi di casate sepolte per sempre.

E c'è una cosa che Roma ha e le altre no: la stratificazione. Passeggio a perditempo all'interno dell'ospedale San Giovanni, chiedendomi se Frank Gehry vedrà mai le curve, le volute ed i piani di acciaio che formano, sul tetto dell'ala nuova, l'impianto di condizionamento, lucido al sole come un'armatura; e se mai vedrà, sotto, la strada romana, le stanze e i passaggi, i mosaici semplici, gli orci di grano o di olio visibili negli scavi della casa di Domithia Lucilla, madre dell'imperatore Marco Aurelio.

- Io rimango ammirata quando vedo le statue, quelle che stanno in centro. Come facevano, con quali strumenti lavoravano così bene? - una infermiera esce a prendere una boccata d'aria. Conversiamo per un po' tra le mura romane. Lì vicino ci sono delle catacombe. Forse... Ma il cellulare squilla, ci salutiamo.

Da una parte si affacciano gli stilemi del ventennio: travertino e linee pure, i mattoni che ricordano quelli classici; dall'altra i corridoi, le porte seicentesche, colonne nei cortili geometrici. E capitelli, sarcofaghi sparsi con Pietro e Gesù e in mezzo il gallo; o anche Poseidone e (forse) Teti. Una coppia di turisti è entrata in un cortile di corsa. Cercano qualcosa con gli occhi che non sanno, non ancora. Perché bisogna circoscrivere la propria curiosità per distillare l'umano, per toccare il tempo che passa: fermarsi a guardare i soliti dieci strati di quei colori rossi e ocra che sono la pelle dorata della città. Loro hanno un solo mazzo di carte, con tutte le figure belle plastificate, mentre noi cittadini adottivi ormai abbiamo tante, ma tante carte marcate... Ridono gruppetti di medici; passa un prete con adosso un camice svolazzante, chino in avanti. E come sempre, in mezzo ai pratini dove ora fioriscono le yucche, c'è la fontana con le sue carpe stizzose; e sotto la siepe dietro al portico antico dormicchiano due Romeo, i gatti del Colosseo, e aprono un occhio solo quando passo...

mercoledì 11 ottobre 2006

Sports & divertissements

Ognuno è libero di seguire la propria squadra, e di far potentemente caciara:
  • Il grande, il genio, etc: dal 15, al Blow Club, via di Porta Labicana angolo v. dei Sabelli, San Lorenzo, in una mostra collettiva insieme dei Fotografi Romani (affrettatevi, guardate le sue foto. Unitevi ai suoi tifosi)
  • Mi piace come canta: il 20 ottobre, al La Palma, ore 22:00, con questi due & rest of the crew glam obbligatoria, e ammirate cotanta voce).
  • Ascesa irresistibile della conoscenza blogger: BarCamp a Torino (letto da Giovy). (Io soffro. Lo giuro. Sono temi che m'interessano anche se sono difficili. E dove sono i geeks romani???)
  • Geeks forse no, ma amanti del buon mangiare ci sono: miniraduno-kebab in zona Piazza Fiume proposto per il 20 da Cenzina (la mia regina dei foodblogger di qui - di là c'è Comida, sempre più asiatica, and i like it -, un mondo mangereccio e bevereccio raccontato con garbo e stile, con foto splendide).
  • La nazionale italiana di rugby vicino alle qualificazioni per la World Cup 2007. Alé. E se dopo tutta questa sudata ci va di prenderci una boccata d'aria in campagna? Ecco un'idea (post del 10/10).


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Densa, spesso astratta, scabra

La rabbia è un bel sentimento. Ti tira fuori dai pozzi in un secondo, ti catapulta verso un futuro anche vicino, con in mano a grandi tratti un programma, un disegno quasi finito, e alcune proposte da prendere in considerazione, spesso contrastanti, che permettono di meditare e centrarsi. Ma stanca enormemente le persone emotive: disfa i nodi che tengono insieme le perle nella collana delle piccole felicità quotidiane, svuota di contenuto i rituali rassicuranti. Rimane un desiderio di planare per un po', di vedere il mondo e la propria vita da una grande lontananza, senza essere guardati da nessuno, come in sogno. E anche la concretezza di un grande peso, che chiama dalle articolazioni ed è quello delle altre rabbie, degli sconforti e i piccoli fallimenti, sporcizia di una felicità fatta di tempi di bellezza pura e di vuoto pulito, a volte da riempire, altre da conservare.

Così oggi, nel traffico, incurante dei claxon. Gli occhi un po' umidi, i denti sulle labbra: lo sforzo con cui la razionalità sottomette la passione.

sabato 7 ottobre 2006

Stavo a pensare a un progetto e mi si sono bruciate le melanzane

Faccio da mirror al progetto di Giovy: oltre ai convegni, conoscersi, chiacchierare, farsi foto, etc. attorno a PiùBlog, anche a Roma si farà una cena. A chi interessa, passi da lui.

Adesso ritorno alle melanzane. Mmmh.


Aglio, peperoncino, olio, melanzane seccate con pazienza

venerdì 6 ottobre 2006

Bianco, rosso e Coliandro

Io di solito non parlo di tv, o di cinema: primo, ne vedo poco, dell'una e dell'altro; in blogosfera poi, ce ne sono autorevolissimi aedi e critici sia dell'una che dell'altro. Ma questa iniziativa mi ha colpito, e ci sto. Già dopo aver visto il secondo volevo parlare delle sceneggiature in cui mi sembrava Lucarelli si fosse preso una vacanza (rispetto ai romanzi migliori, sembravano buffe, ma anche essenziali...), delle inquadrature di gruppo e di quelle a taglio sul viso del Morelli raybanato, di alcuni effetti pulpfiction-de-noantri già visti in altri video musicali dei Manetti Bros. etc. Poi è finita la serie, le nostre strade si sono divise, fino a qui: adesso lo metto, il bannerino...

mercoledì 4 ottobre 2006

Post a punti, eh sì

Quando arrivi al post a punti, o al to do, praticamente stai dicendo a tutta la blogosfera: "Non ce la faccio ad assumere tutto questo e poi dire la mia, ma lo vorrei! C'è troppa roba al fuoco! Argh!". Ma è anche un grido di aiuto blogger: "Qualcuno conversi con me di queste cose, ora, qui, nei prossimi due giorni, o davanti a una birra, etc. Grazie.."

1) Il BzaarCamp è finito (qui una raccolta post, foto etc). L'idea era stupenda, più di tutti i convegni e conferenze; mi piaceva nella sua informalità, l'autogestione da adulti, credo che avrei fatto la lurker e avrei anche molto imparato... ma ancora devo capire "di cosa si è parlato, oltre a conoscersi, chiacchierare, cenare, farsi foto". Tutto da leggere. Intanto ci si organizza per il BarCamp a Torino. Ah, i caffé, le brioches, i tomini, la Mole....

2) E' cominciato a Milano lo SMAU, e si parlerà di blog e aziende: sarei curiosa di sentire se qualche marca apre un blog, e di darci un occhiata anche ultracritica.

3) Un gruppo di bloggers romani si sono visti in una birreria. Non è il primo raduno, ci sono gruppi di bloggers che si conoscono, bloggers romani sui vari siti Frappr ed altro. Qui ce n'erano in tanti: bello. Ma quanti siamo, alla fine, i bloggers romani (anche quelli ridotti alla notte, come me)???

4) Finalmente ci sarà un evento vero: Inedita si sposta e continua a Roma, a dicembre. C'è parecchio a cui pensare, no?

5) E dulcis in fundo, c'è LesBlogs, 11 e 12 dicembre, per quei fortunati che ci andranno. Io, leggerò e vedrò...

Adesso torno alla traduzione. Oggi, sistemi di scappamento (no, non scherzo). Vrooommmm!!!!

martedì 3 ottobre 2006

Contabilità per domani

Notte. Perpendicolari a me, distratta al semaforo, passano due autobus vuoti a tutta velocità. Forse è il vino africano, forse il mio amore per le lunghe esposizioni fotografiche: vedo due lunghe strisce rossoarancioni in cui il tempo rallenta, come nei miei dischi di Satie sul piatto da riparare, e diventa insieme paura dello sconosciuto e accettazione del nuovo. Un miagolio basso di secondi in più che mi sono regalati perché su di loro imbastisca una metafora: il tempo sospeso, che supera sghignazzando la mia soglia di attenzione, ma non può scappare. Si raggela ed assorbe piccoli gesti e sorrisi, tatto di bruciato nei polpastrelli, gli stessi colori dell'autobus in altre conformazioni spaziali, e finalmente l'odore notturno, carnale, di arcate vegetali invisibili di giorno. Tutto ciò fissa un ricordo e lo delimita: ero lì, sentivo quello. E' nutrimento, è felicità, va nel conto.

La geometria del dejà-vu - qualcosa che un domani, non so dove ne come, mi sembrerà di aver vissuto, e ne sentirò la stessa emozione, la stessa variazione temporale - si va completando mentre scendo viale Emanuele Filiberto tra i monotoni puntini dei lampioni, nella corrente calda delle altre macchine. Ci sarà, oltre, un tempo irrispettoso della regolarità degli orologi, in cui prevarrà il disagio, o il dolore: perché tutto torna nella mia vita, la ruota ha infiniti diametri, i loro punti estremi sono bilanciati da queste piccole contabilità. Allora, mi dico - mentre apro il finestrino e ingoio lunghe sorsate di venticello, per ritornare a una razionalità che è soltanto pace con il mio Super-io - non ricorderò nulla. Eppure, lo so adesso: ho vissuto, ed era tempo mio.

domenica 1 ottobre 2006

Goloserie

- Panna?
- Sì, grazie.

La domenica, i ragazzi di Fassi spandono e spendono panna in quantità, più degli altri giorni. I contenitori della montapanna, troncoconi d'acciaio che sembrano le api regine della gelateria, vengono svuotati a gran velocità verso le vaschette-figlie. Mi porto al tavolo cinque centimetri alti di una roba densa e grassa, dolciastra ma poco, e che sa e odora come quella pannetta che lasciava la bollitura del latte crudo un tempo, e con cui mia madre faceva, a mano, il burro: sotto, marron glacé e malaga con le uvette un po' ubriache. Come il miele, come le fritture, come il brodo di Natale: ci devo immergere le labbra, pulirmele come i bambini, con un sorriso che è complice solo con me, la mia parte bambina. L'altroieri Stefano Bonilli parlava di bar e caffé d'Italia in un programma ipermattutino (che mi sveglia chissà da quanti anni; sempre più ansiogeno verso le 6.50, quando purtroppo vince la pubblicità e l'odore del caffé e mi tocca alzarmi) e la conduttrice chiedeva dei bar di Roma, ottenendo un lieve, direi triste, ma tangibile sorriso telefonico: no, qui non ci sono quei caffé da sogno di Torino, evvabé. Ma, pensavo, in cambio abbiamo le gelaterie così, vere fraschette del gelato, dove i cinesi vestiti a festa (diversi dalla maglietta+jeans dei giorni di lavoro) si radunano in gruppetti, mentre le coppie si portano i frulletti o i gelati nella mano libera, escono abbracciati; le signore che stimano l'arte della passeggiata pomeridiana attaccano le cassate o i sampietrini ricoperti con un'abbreviatura del secchio della panna. Qui c'è la stessa conversazione sommessa dei caffé, la luce non eccessiva che invita al giornale, le panchine comode o i tavoli fatti con il marmo originale, del 1928; ma anche l'acqua bella fredda aggratis, e il cortiletto fumatori con i suoi affreschi, dove di solito si avviano tipetti con la sigaretta penzoloni, gli occhi sul cellulare e il cono nella mano sinistra, come una candela.

Eh sì. Ma non siamo al nord qui. Al nord manca questa grossa pennellata di rosa, che cala lentamente sulla città mentre cammino per Via Santa Croce in Gerusalemme. Prima i cornicioni, poi i balconi, poi la facciata che sembra anch'essa sciogliersi; ma io scendo verso casa, lì c'è ancora un tempo di luce indefinita, piatta. Poi arriva il ponentino e i gabbiani che strillano con il rosato e l'arancio dipinti sui bordi delle ali. Me la portano al balcone, la luce. Chiudo gli occhi e sogno...