domenica 30 ottobre 2005

Said are you ready to stop

Questo blog rimane fermo per un po', perché mi è sempre più difficile scrivere, trascinata dalle maree vive della Vita Vera. A presto.

giovedì 27 ottobre 2005

The Bobs

Penso che in questo quartiere della blogosfera ci sia un po' di stanchezza, oppure un po' di smarrimento, oppure è solo un ciclo della scrittura dei blog, un momento di metamorfosi delle persone e dei blog.

Invece qui la situazione ferve. Sono uscite le nomination, niente da fare con l'uso e abuso che di questa parola si fa in questo Paese. Si vota fino al 20 novembre.

Mi rode un po' che non ci sia niente d'italiano. E non va bene...

mercoledì 26 ottobre 2005

La vertigine non è

Il mio dovere da signora l'ho fatto: sono andata a vedere una mostra minore, e sembravo proprio quella che perde tempo vedendo le mostre, che non ha altro da fare tra un caffé e un'oretta di Pilates. A ora di pranzo, l'unico mio tempo libero, tutte le finestre sono spalancate ad ingoiare l'ultimo sole, quest'estate che fu di San Martino e che hanno ereditato felicissimi altre centinaia di santi e martiri relegati nella memoria dei calendari: guido lenta dietro via Tagliamento, la sorellina piccola di via Po, in quei isolati splendidi di case bianche e crema o con le imposte celesti, cercando parcheggio in traverse ombrate da alberi non potati. E il sole che scende giù sull'asfalto come un fiume mi ricorda che un tempo io vivevo da queste parti, che qui ho imparato ad amare i cortili segreti di questa città, anche se qui il silenzio costa vero denaro e viene difeso appunto per questo. La mostra è piccola ma le foto-poster sono splendide, tutto il lavoro di Christo e Jeanne Claude è solare e sono luminosi anche i monumenti impacchettati, i tendoni, The Gates accennate porte che sottraggono agli occhi una visione e propongono in cambio il viaggio verso la scoperta di un paesaggio diverso del quotidiano. Velocemente percorro il sotterraneo le cui arcate massicce sostengono l'edificio: c'è per il mio piacere un inconfondibile odore di pittura ad olio e vernici che è cornice di un tempo della mia vita, resti materiali del lavoro e del tempo degli allievi della scuola. Esco finalmente, lo squalo lampeggia in doppia fila, calmo come il cavallo di una carrozzella il cui conducente si è portato i giapponesi a vedere da vicino qualche monumento.

E mentre torno verso il centro - abbagliata come sempre dal movimento della gente, guardando le facciate e le finestre e le nuvole, sorpassata da camioncini, da motorini e da ragazzini che poi si scansano per farmi passare in una strada in discesa e che vedo dallo specchietto lanciare gli skate in aria con un colpo deciso della punta del piede - mi rendo conto che oggi mi hanno salutato almeno dieci persone, tutte in quel secondo e mezzo soddisfatte di me, perché avevo loro permesso di passare o di superare senza difficoltà un'asperità inevitabile del traffico, e che nessuno mi ha suonato in questo scivolare, e il sorriso mi si fa sempre più grande, canto seguendo la radio e mordicchio un ventaglietto della pasticceria Natalizi mentre attraverso il mio Esquilino guardando la gente come fece Neal Cassady nella notte americana, chiedendomi come lui cosa faranno e che penseranno di questo e di quello e di loro stessi, se saranno soddisfatti di loro stessi come io mi sto autorizzando adesso ad essere, soddisfatta di vivere in questo momento e basta.

domenica 23 ottobre 2005

Il cuore che parla per tramite del silenzio


La torta di mele

- Smettila di fare dolci. Non posso andare avanti ancora a forza di surrogati.

Lei sorrise scoprendo lievemente i denti e si alzò di scatto per andare ad aprire la finestra. Era presto, era domenica. Non sopportava l'odore di stantio che s'istallava nella casa durante la notte. La luce fuori era livida e fredda come un coltello; le nuvole sembravano incollate con il biadesivo contro la superficie dura del cielo. Stefano mangiava la fetta di torta alle mele con gli occhi semichiusi, sentendo il lieve profumo della cannella che si sprigionava dalla cremosità racchiusa entro le due fini sfoglie di pandispagna.

La macchinetta del caffé emise un grugnito seguito da un gorgoglio. Clara si allontanò dalla finestra e se ne servì una tazza abbondante con un po' di panna. Si perse in un pensiero ritorto sul come e con chi avrebbe voluto alzarsi la mattina, la domenica presto. Guardava Stefano senza guardarlo. Lui finì un'altra fetta di torta e si stiracchiò.

- Un eccesso, è un eccesso. Ma ne vorrei ben altri, io, di eccessi - e fece per baciare e abbracciare Clara, che si scansò, lontana.

Uno stormo di rondini scattò strillando dal tetto della casa di fronte. Senza parole, i due lasciarono la cucina. La torta si raffreddava.

sabato 22 ottobre 2005

Da fare, daffare

Andare a vedere la mostra di Christo & Jeanne Claude.
In onore di Pasolini, andare a mangiare una pizza a Panattoni su V.le Trastevere, che lui soprannominò "l'Obitorio" per il marmo ingiallito dei tavolini.
Leggere Chaim Potok.
Uno sguardo su Venezia, giusto per malinconia.
Rivedermi Pulp Fiction, perché in cortile è tutto il giorno che si sente la colonna sonora...
20 vasche in piscina.
Knock out.

And you folks?

Net to be_ero distratta

Beh, alle volte è come se avessi lasciato aperto il mio fumetto sulla sedia...





Intanto lui continua a disegnare... il resto, passato e presente, da Rob:Grassilli: e da qui in avanti, troverete l'ultima striscia, aggiornata, nella zona destra del blog.

martedì 18 ottobre 2005

Oktober Prelude

All'inizio del Mandrione l'acquedotto Claudio, memoria dell'acqua, con addosso le piante cadenti e rampicanti, archetti e finestre aperti nel muro in secoli successivi - e soprattutto i colori, la ruggine e il sole racchiusi nel tufo che lo rendono simile ad un opera moderna che imitasse l'antico -, si sporge su via di Porta Furba, dove una distrazione contro il traffico velocissimo può costare cara. Attraverso e vado su portandomi negli occhi l'ombra che risale il pomeriggio già minacciato dall'arrivo dell'ora legale, come una sorella che, mano sulla spalla, va con me per la strada solitaria, stretta, piena di limitatori di velocità. L'acquedotto è conservato all'interno di terreni privati dove non posso accedere. Passo sotto i binari e sbuco in una di quelle zone nelle quali questa città sparisce e muta: non sono più qui, non sono nella capitale mentre cammino per queste strade piene di casse basse, costruite senza un piano, dalle facciate scarne o dimenticate, accatastate sull'asfalto sconnesso, bordate da macchine sfondate con il sedile destro abbassato e le ruote sgonfie. Sono in un altro mio tempo, nel quale ho come qui camminato fuori dal marciapiede, i pollici appesi alle tasche del pantalone, e formavo parte del tutto come adesso, e avevo il cuore gonfio di tristezza come adesso. Incrocio una tipa un po' troppo mancante di curve che si rivela un transessuale un po' più da vicino; il viso è sereno, cammina in mezzo alla strada. Due signore chiaccherano e fumano sedute su poltroncine di plastica. L'odore dolciastro di un fornaio, architetture pseudobarocche o vagamente umbertine, nastri rossi che delimitano lavori stradali, un Alfa color bordeaux che gioca a sbandare verso di me, e i gabbiani che vanno verso il fiume. Dove finisce questo quartiere? Cammino accompagnata dal rumore dei treni, che passano continuamente, fino alla Casilina. Con il naso irritato da un leggero venticello freddo, la sinusite che si insinua da dietro le orbite, torno a casa e mi seppellisco nelle coperte, con lo sfrigolare dell'aspirina come unico sottofondo, a leggere di seguito due libri di Richler (il mio scrittore canadese preferito dopo Leonard Cohen), sognare tavoli da biliardo e notti senza fine, sentire 100 volte Hide and Seek, e promettermi di tornare ancora vicino al ricordo dell'acqua..

Happy Birthday

Sarò old, sarò out, ma sono indubbiamente Chuck...

domenica 16 ottobre 2005

Urgenze


Monti Simbruini, tramonto

Questo blog rimane sospeso nella blogosfera, un po' come una banderuola di orazioni buddiste. Ho talmente tante cose da fare che non riesco nemmeno ad arrivare a questa mia ultima spiaggia, il mio angolo di meditazione...

martedì 11 ottobre 2005

Tempo di leggere un poco

Oggi mi hanno chiesto un consiglio su "qualcosa da leggere". Sorvolo sul fatto che di questi tempi non potrebbe essere più grande, e anche più combattuta, la scelta. Ripiego su dei classici, il solito Dostoievskj. Ma resto con la bocca amara, e pensando lourdement a quello che mi piace veramente leggere adesso, che non è molto diverso di quello che mi piacerebbe scrivere adesso, se soltanto avessi la mattina a disposizione e non ritagli sparsi di pomeriggio. Perché mi piacciono le cose brevi - sì, anche Dostoievskj può essere suddiviso in pezzi di diverse misure e nessuno rimane incompleto o scollegato; per questo è grande - vorrei aver ripiegato su questi libretti dal tatto antipatico che ha la carta riciclata, presi in metropolitana e divorati in cucina mentre si cuociono brodi e lasagne. Vorrei aver consigliato queste due poesie (Epitaffio, Autoritratto), e soprattutto questa grinta liscia come una bella pietra. Chi ha tempo, legga.

domenica 9 ottobre 2005

Comunicazione di servizio_11

Sono, purtroppo, senza adsl per qualche giorno. Pazienza...

giovedì 6 ottobre 2005

Always searching for paradise

Lo sposo, dopo aver finto il bacio appassionato in mezzo alle rovine di Villa Celimontana, si accende una sigaretta e fuma con la destra mentre cammina reggendo con l’altra mano velo e strascico del vestito della sposa. Rassegnati e insieme paciosi seguono i fotografi, che vanno sfuocati verso il malinconico tramonto portando a spalla cinepresa e schermi riflettenti. Le nuvole vanno piano piano arrossendo dietro i pini, credo i più alti di tutti i parchi cittadini. In mezzo a scorci di alloro e lastre di marmo istoriate corrono ragazze con felpe anonime: un sorso d’acqua alla fontana e via. Vicino ad un roseto che circonda una stele, un tipetto un po’ appesantito fa degli esercizi di streching. A dieci metri, su di una panchina, la sua morosa raggomitolata, i piedi appoggiati sul sedile, guarda davanti a sé un nulla fatto di attesa di lui, di obbligatorio zen. Sopra l’edificio della Società Geografica il cielo è più bello: i restauratori delle facciate hanno usato un colore da confetto e anche da tramonto, sul quale scivolano allegre strisce, piume, fiocchi di nuvole.... Vado verso l’uscita. Le grandi carpe grige sonnecchiano nella fontana. In mezzo allo spiazzo ora vuoto dove nelle sere d’estate c’è la rassegna di jazz è rimasto, potente proprietario, un pezzo di strada romana; il selciato rotondo è braccato dalle pozzanghere e dal fango marchiato dai camion. La porta è rimasta qual’era, con l’anno 1651 ben visibile, e ai lati due grate verso le quali si può salire da dentro, per guardare verso il Palatino, per sentire l’odore del fiume. Quanti innamorati là sotto, quanti gatti a giocare - come questo qui, felino giovincello dall’orecchio mozzato - con un filo rosso, una cordicella, la pallina di pezza persa da un bambino?

San Giovanni e Paolo è in sé stessa un sovrapporsi, finestre mezzo murate e colonne rubate solitarie sotto archi romanici un giorno dipinti: e dentro il pavimento cosmatesco dona mistero ai passi, le luci basse rendono freddi e meccanici i resti del matrimonio appena finito. Il guardiano, prima seduto presso l’acquasantiera, mi cammina rumorosamente dietro, mi manda un messaggio che non voglio sentire mentre sono lì concentrata, senza respirare, ritorta nel voler cogliere con la mia macchinetta - senza flash - la luce del sole sugli ori della cappella barocca. Finalmente esco e lui chiude i cancelli senza nulla dire, tutto rumori di cardini ferrati e di chiavi; il sole finisce di baciare i porfidi e le ceramiche del campanile romanico, appoggiato su resti romani durevolmente bianchi nell’ombra che va lentamente calando.

Intanto, non so come, mi sono morsa l’interno delle labbra. Una sensazione buffa, come se dentro alla morbidezza fosse cresciuto un monticello ribelle, cui non so cosa fare. E più mugugno dentro parole per te, più mi mordicchio, e mi viene da ridere a pensare che se tu…. Attraverso il passo pedonale seguendo il dito puntato che un bimbo biondo, dentro un passeggino, dirige verso qualcosa che fa parte della vita e che non so. Forse questo illuminatissimo supermercato.

- Grmbrzzlxff…!!!! – provo ad aprire la busta di plastica mentre la spesa corre sul nastro.
- Sì, ce vo’ ir master, pe’ apri’ queste bbuste – fa la cassiera, guardandomi da sopra gli occhiali rettangolari, rosa.

Le buste, la borsa, trilla il cellulare, un clone del gatto di prima mi guarda mezzo nascosto dietro alle siepi di bosso del giardino. E io mi mordicchio piano, e non rispondo.

lunedì 3 ottobre 2005

7.0 Version

Mentre ieri architettavo un dolce nel quale un terzo della dose di farina è sostituito da biscotti sbriciolati a polvere, e sentivo gli odori della vaniglia e della cannella anestetizzare tuttte le mie precedenti paturnie, pensavo a quando avevo circa 13 anni, età nella quale, come quasi tutti gli adolescenti, ero ingrassata parecchio. Non perché amassi paticolarmente i dolci, ma perché non potevo passarmi senza il pane. La mia perdizione, oltre al caffé, sono i farinacei..

In Castiglia si usa un pane basso, senza bolle d'aria, oppure delle specie di baguette profumate di farina di prima qualità... Da allora il mio rapporto con i carboidrati è stato croce-e-delizia. Appena le mie cellule sentono l'odor del pane (carasau, rosette fresche, ciabattine, pizza e simili, friselle calabresi, grissini stirati torinesi, taralli pugliesi e ciambelle salernitane da intingere nel latte, pane di altamura, azzimo di tutte le marche, etc, etc) entrano in sciopero e il mio metabolismo si ferma in un limbo che potrei definire quasi oppiaceo.

Per questo motivo devo un attimo riformattarmi e tornare alla versione 6.0, o almeno 6.3; parlo in termini di bilancia. Trattare il pane con precisione matematica, affettarlo in pezzi di peso simile e centellinarlo quale fosse l'ultima bottiglia di merlot che mi resta nella vita sarà un impresa pari all'ascensione del Cervino, ed è stata per me sempre la parte peggiore dei ritorni alle versioni precedenti di me stessa, cioè quelle con qualche chilo di meno...

O tu che leggi, oltre a rifarti gli occhi su cotanta umile ciambella, lasciami un augurio di conforto...


Ciambella con farina di biscotti
Collana "Ramo" di Madras Laboratorio di ceramica - Roma

domenica 2 ottobre 2005

Slow

Grigiore: Particolare conformazione proto-autunnale della volta celeste cittadina, che si rende materiale mediante nuvole basse e massicce, all’occhio così dense da quasi poterle toccare, umide e fredde. Nel tramonto può tendere al viola. Fig. Stato mentale in cui si cade in alcuni pomeriggi nei quali l’inquietudine di essere “non in questo luogo ma in tutti i luoghi” è più manifesta e tangibile.