Pandora
Lasciami, avevi detto, non sopporto più questo rapporto dai silenzi ossuti, ai quali ci obblighiamo per evitare un vero incontro. Forse avremmo costruito qualcosa di diverso dal cavallo di Troia che ora ci mostriamo, da finestre dirimpettaie, impauriti dal riflesso dei nostri binocoli.
Io ti seguivo. Avevo creduto d'imparare qualcosa, dopo tutti quei anni, di tutto quel prendere e lasciare ozioso, tante metamorfosi: ma non era vero, nell'amore non c'è di solito nessuna verità oltre all'esaltazione, alla momentanea felicità. Ti seguivo ed ogni tuo passo era il vibrare metallico di una corda, qualcosa che mi lasciava un'eco per i giorni a venire, e solo io lo sapevo.
Va bene, risposi. Tolsi il sonoro alle tue immagini che andavano qua e là fondendosi in altre braccia. Piangevo, diventando parte di quel fiume che soltanto le donne conoscono. Volevo scomparire. E fu allora che tu girasti la testa, forse per vedere se me n'ero andata, con sulle labbra un ultimo sorriso. Lo presi con le mani e lo modellai: un'immagine può essere disciolta negli occhi che si voltano verso l'interno, e conservano per sé quel che fu amore...
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