martedì 4 dicembre 2007

Ambo e terno su tutte le ruote

Trovare di questi tempi qualcosa che costi meno di mezzo euro è per me quasi un'allucinazione. E se questo oggetto è una matita non straniera e di buona qualità, una HB dalla mina versatile che non graffia la carta, allora posso anche dimenticare che davanti a me ci sono trecento persone, o almeno così dice il mio numeretto; è tardi. Forse delle trecento persone almeno duecento stanno qui dentro l'ufficio postale, le altre stanno sedute fuori o in giro in cerca di un giornale o di un caffé.

Fa calduccio negli uffici postali. I bambini possono correre un po', i grandi rovistare nel negozio interno, sbirciare un po' i libri e vergognarsi di aver rubato un po' di pagine di lettura, ricostruire pezzi della propria storia davanti ai cd di Mina o di Battisti. Gli sportelli come bocche da forno inghiottono carte, denaro, numeretti, espressioni, sonno arretrato, fretta. Il bip di passaggio dei numeri negli schermi elettronici è un mantra che tutti seguono con una coda di cervello, mentre leggono il giornale, telefonano, chiacchierano in napoletano stretto sulla cena di stasera, scambiano sguardi che sono parentesi quadre di altre parentesi di pensieri o di emozioni chiusi come polvere, adesso, negli angoli della giornata.

Corro fuori a controllare la macchina, la sposto. Passeggio fino al bar per un caffé tardivo e mi sfila davanti una fila di persone che, mentre lo bevo, compra cioccolatini dall'aria buonissima, messi come per caso davanti alla cassa. Affronto i pixelink appoggiata al distributore di modelli per ogni transazione postale. La matita è così docile. Alla fine il mio numero lampeggia sullo sportello: dentro c'è più luce, tutto è più chiaro, razionale forse. Forse. Movimenti automatici, tranquilli. Coloro che restano guardano il tabellone, tenendo i loro numeri come se fossero buoni di razionamento, pregando che non si chiuda senza di loro...

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