Un'idea del sud
L'aereo oscilla nel maestrale. Sotto, uno schermo bianco di nuvole fuse, isolanti dal cielo. Nemmno un olivo mi saluta: solo il mare.A Bari il mare sta costretto alla fine di strade che ci si vogliono buttare dentro e invece son fermate da parcheggi e strutture del porto. Gli alberi del lungomare sono martoriati, ritorti come bonsai giganti: burbero ma galante, il mare sostiene le navi da crociera come il ghiaccio le pattinatrici, le espone al sole come trofei, stanco di contenere storia ormai ignorata. Si lascia pettinare e profumare da pesci poi finiti in bacinelle rosa, esposti e scelti in omaggio alla sua potenza nei ristoranti; e so che sfuma, si scioglie ed ama in mezzo ai cavatelli, vicino ai calamaretti, tra parenti poveri di alto lignaggio quali cime di rapa e olive fritte che diventano tenere come le ciliegie a giugno. Un cameriere identico ad un kouròs segue ogni segno, o movimento umano, dalla cucina alla sala. Il suo sorriso antico. Nel suo enumerare le potenze del mare c'è qualcosa di magico, come un voler placare ed omaggiare. Fuori striscia la pioggia e cozzano gli alberi maestri.
Mentre vado qua e là vedo palazzoni nuovi, senza un brin de beauté. Aspettano marziani, mi dico, non gli abitanti chiassosi e bambini-muniti, non i claxonatori istantanei allo scattare del semaforo, non coloro che mangiano gli sporcamusi alla fine del pasto. Questi qua sono troppo inquieti, mi dico. Hanno un'idea del sud.
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