domenica 11 novembre 2007

Porto un anello al dito



Parco di Aguzzano - Amori incisi sulla corteccia di un albero bruciato

La domenica Roma ha facce diverse. Dipende dove sto, cosa faccio della mia giornata: se me ne sto sotto le coperte, convinta di non valere nulla, o se brucio dalla voglia di prendere una strada qualunque ed andare a naso in su e macchinetta tascabile pronta, fin dove mi porta la mia macchina. Fare 30 km la domenica senza uscire dalla città non è come farli nei giorni feriali, non è come farli altrove. La città è fatta di tanti paesini ai lati di quelle cerniere lampo che sono le strade alberate: di qua soltanto pini, quaggiù soltanto platani, più in là le robinie, e di colpo sto in campagna, costeggio su stradine ripide i muri di cinta di villoni invisibili, scivolo sulla Gianicolense che non è una strada ma una carezza che curva il volante, affronto l'attraversare continuo degli avventori di PortaPortese presidiata ai lati dai vigili, finalmente regolamentata dopo anni di anarchia; guardo gli exvoto murati di viale Trastevere, le persone che passano Ponte Sublicio trascinando megatrolley con cui chissà cosa porteranno in viaggio.

Pantaloni jeans poggiati su una ringhiera, lenzuola colorate appese sopra facciate grigie. Ecco il quartiere dei filosofi, con le strade che rimbombano di nomi alla base del pensiero moderno, i suoi palazzoni senza negozi, senza un bar dalle insegne colorate, con le macchine nascoste nei garage sotterranei. In un angolo defilato di una biforcazione c'è un uomo che raccoglie le olive, le reti a terra sotto gli alberi, le cesoie in mano. Intorno, strade a scorrimento veloce circondano pezzi di verde, colori che stanno solitari sugli alberi, affamati di occhi: colano come lacrime macchie gialle e bronzo, mucchi di foglie. La mia mezz'ora di silenzio, in mezzo a casali rosa diroccati, balle di fieno messe a guardia di orti nascosti, messaggi d'amore incisi negli alberi. Poi di nuovo sulla strada, lasciando dietro gruppi di persone che sono uscite da chiese e pasticcerie, imbarazzate, pensierose, affamate: sulla minitangenziale che sfocia nella Tiburtina, l’altro rettilineo a kilometro oltre alla Tuscolana; mi vengono incontro gli storni, e sul ponte, sopra il progetto di Desideri (che bel nome per un architetto…) il cielo si apre, accende tutte le facciate, alza il volume di tutte le musiche, mi incolla il sorriso da cittadina...

<< Home