mercoledì 4 febbraio 2009

Camminare il mondo con le scarpe basse

Ci sono giorni come oggi, che se rappresentati sarebbero una gran tazza da thé di tempo: li tengo nelle mani, guardo altrove, soffio sul fumo profumato. Occupo tutto il cielo e la terra in questo mio vivere alle volte così sospesa che non saprei dire nemmeno il mio nome ad un amico; sono introflessa ed estromessa a me. Guardo nella metro, là nel fondo degli occhi altrui - dove qualche volta trovo personcine nascoste, veri sguardi in cui vince la passione e che mi lasciano stanca come da ogni lotta emozionale - cercando uno sguardo che mi riconosca, che mi costruisca, subito, perché intanto mi sto trascinando fuori sulla scala mobile, mi sento uno scivolare a rovescio di liquido vitale, mi fotografo in parole mentre immagino cadere dalle mie mani i libri appena comprati, sparire le pareti luminose dell'atrio, un girare di colori che brancola, diventa buio e riaffiora in un altrove di nuvole; istanti di malessere. Togliti, ragione, lasciami sfiorare quel mondo esprimibile soltanto a parole, e soltanto dagli scrittori mancati.

- Mi può dire che ora è, per favore? - è una ragazzina col bomber bianco e capelli già tinti di nero corvino. Dietro a lei passano le righe delle luci del traffico. Le nuvole si muovono.
- Le cinque e mezza, circa.
- Grazie.

Incidente banale che mi riversa in me, come in quei sogni in cui ho l'impressione di cadere su me stessa e poi svegliarmi. Il giubotto ancora trema, il sangue si ferma, le cellule mi aspettano. Viene giù dai tetti ormai sfuocati una notte blu. Il risveglio è accompagnato da un profumo di spezie che mette in moto ogni sistema e mi porta, con il vecchio sorriso interno che mi tengo per me sola, per me sorella, verso casa...

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