sabato 13 dicembre 2008

Forse il cielo di una mattina qualunque in cui non sono sotto il neon a dimenticarlo



Via Donna Olimpia, una casa popolare

Monteverde è una bolla, un'idea di quartiere che esplode verso fuori, spintonato e insieme accocolato verso Villa Pamphili; sale e scende in due-tre collinette raggruppate, discreto perché non cambi il comune sapere dei sette-colli, quella cosa per turisti. Ma io so benissimo che in questa città non bisogna aspettarsi regole o indicazioni. Nulla è scritto che mostri quel che deve essere scoperto per caso, con lo sguardo assonnato che sfugge, o all'interno di un cortile dismesso: chi va veloce per i vialoni non può trovare le scale elicoidali, i balconi con la mostra dei cactus, i cartoni di chi ha dormito all'addiaccio. E ci sono tante volte che vado veloce ma lascio appesi sguardi come post-it, perché prima o poi ripasserò e potrò fermarmi.

A quest'ora ci sono anche i posti di parcheggio. Degli adolescenti si attardano mangiando ciambelle nel bar, lasciandoci dentro una ragnatela di conversazioni. Rumore di tastiere infinite di computer, odore della polvere degli uffici e delle case, il tlac tlac dei carrelli della spesa. Entro in quelle case costruite prima di ogni altra casa, enormi palazzoni dalle facciate sbiadite, volendo essere invisibile e che nessuno mi noti mentre entro nella memoria. Mi è impossibile non guardare dentro questo passato, dove le generazioni sono cresciute ed invecchiate: impossibile non vedere i parchetti e gli anfratti, gli angoletti dove d'estate è fresco e d'inverno si possono coltivare le rose, o le scale maestose che, quando non c'era l'ascensore, erano l'agorà di rumori e sospetti, la socialità cui non si poteva fuggire. Tutto ciò mi resta dentro.

A San Pancrazio grandi restauri. Le pareti dipinte con tende rosse e colonne sui pilastri, una finzione di profondità tipica del 600-700. Silenzio assoluto e buio necessario. Dietro le mura spesse dorme l'immenso parco, senza nulla curarsi del cielo blu che preme contro la coltre grigia che alla fine si sfilaccia, rendendo vivi gli attici e le villette colorati come fiori che stanno ai piedi delle mura Leonine, inaffiati da invidie come la mia. E poi mi perdo, tanto prima o poi si trova una discesa, si viene risucchiati dalla fretta, dal fluttuare di un sole che resiste, ma poco durerà, alla pioggia...

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