sabato 15 novembre 2008

Run, every day every time you gotta run

La pensilina viene verso la mia destra. Luci davanti, rosse e bianche così accecanti che se chiudo gli occhi per un momento, sulla palpebra nera rimangono proiettate come ultimi bagliori di fuochi d’artificio, presi in quell’attimo prima dell’alzarsi di altri colori scoppiettanti: il secondo di attesa del meraviglioso. Chiudo e rivedo i colori nei tempi morti del traffico. I rumore dell’acqua amalgama tutto e ci dice: è un giorno di pioggia. E mi dice: vorrei stare ovattata da qualche parte al caldo. Dalla pensilina si riversano strisce tubolari di gocce come di vetro fuso. Guardo le facce di coloro che aspettano interessarsi brevemente alle macchine di una bisarca, alla maglietta fluo di un ragazzo in motorino, che inzuppato e curvo sul manubrio, si accosta a parlare in un cellulare vicino a me.

- A ma’, adesso arrivo, me so’ preso tutta la pioggia, so’ ggelato – e riparte.

Non portano a te, queste strade. Guardo le macchine così lucide di pioggia da sembrare tutte modellini di un plastico gigante: qua un fioraio, lì una macchia di oleandri, là mettiamo un supermercato, vroom passano i camion alzando l’acqua delle pozzanghere in immense sezioni di circonferenza - e così la mamma ci sgrida, ma come mi sono divertito….. Ma le strade non mi parlano, le facciate sono piatte, le cornacchie sono cornacchie. Una come rassegnazione, un come generale abbattersi delle spalle mentre da qualche parte sconosciuta mi viene su un bruciore di rabbia. Poter vederti perfettamente mentre adesso fai un gesto con la testa e le mani come fossi un danzatore, ma ignaro di esserlo: lontana, la tua grazia mi arriva come un pensiero insistente che tornasse a galla dopo una notte di sonno in cui abbiamo voluto affogarlo. Stringo le mani sapendo che dentro mi sono rimaste particelle di un calore tuo e lontanissimo, che mai si staccheranno perché le tiene unite a me la mia memoria; stringo il volante che mi risponde come un cane; m'immagino che esprima una parvenza di calore, come di consolazione per i giorni che avrei potuto rivederti come in un vecchio album di figurine e che invece furono ingoiati, anche autoingoiati come i figli di Crono. Mentre giro e m'immetto in quel rally cittadino che è Via di Tor Cervara, con i suoi camion bianchi scatenati e le case di riposo dalle finestre sbarrate, mi prometto di non volere più, e poi mi perdono per volere, perché non smetterò mai veramente...

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