lunedì 17 aprile 2006

Every day is so wonderful



RomaTre, Facoltà di Scienze della Formazione


Le feste comandate non sono noiose, in fondo. Guido verso l’EUR circondata da una luce piatta, una trasparenza come da garza umida sotto la quale tutto sembra in attesa di germogliare, osservando le case le cui facciate colorate sembrano staccarsi, alzarsi e scappare; sento la città soffrire senza il suo carezzevole sole, abbandonati i suoi profili alla nebbia. Al semaforo di Piazza dei Navigatori, una mano appoggia sul volante la riga bianca di una sigaretta appena accesa, mentre il finestrino scende lentamente e la colonnina di fumo si disfa in una specie di singhiozzo. Sparsi signori di mezza età con giubbotti chiari e un gran sonno matrimoniale accompagnano il cane, o forse lo usano come scusa per provare a svegliarsi, e scappare. Due ragazze che camminano gomito a gomito leggono qualcosa di intenso sul telefonino argentato, un profilo come di coltello, mentre uno degli autobus più lunghi del parco ATAC stacca enormi pezzi di spazio passando loro accanto, ferendo loro le gambe con cartacce, rametti e polvere. Sorpasso una Uno verde oliva che procede lentissima, abitata da una foto di famiglia anni 60: papà anziano che guida, mamma anziana seduta dietro, e davanti un figlio troppo grande ormai per volare, con occhiali troppo grandi ormai per vedere. I benzinai avventizi stanno seduti su improbabili poltroncine neromarroni da capufficio; leggono giornali, buttano una cartaccia. Ma no, mi dico, sbagli: semplicemente stanno, arte difficile, insieme immobili e attenti. Le vedranno, alla base dei marciapiedi vicini, le lunghe righe dei fiori lilla e rosa degli alberi di Giuda, fioriti ovunque?.

Pioviggina a gocce che sembrano moscerini della frutta, leggere e fastidiose, mentre scrivo sulla panchina di un parco. La matita annaspa e beve dai microscopici laghetti; poi continua, un po’ ubriaca. Sdraiato vicino dorme un bengalese panciuto e molto stanco. Come un’apparizione o un fondale, un poney completamente bianco riposa dal suo turno di carrozzella-per-bambini e bruca un’erba dolorosamente verde accanto ai veloci nastri asfaltati della Colombo. Mi cade ai piedi un volano giallo, con un suo ridicolo mezzo pallone da calcio in cima, volato sotto la pioggia ormai pesante.

- Pozzo tirare uno io? Fino alle ztelle, eh? – dice allo zio una ragazzetta-con-apparecchio che scende da una bicicletta blu. Lui continua, estasiato, a tirare volani colorati.

Immagini di un video qualunque sul quale mettere la propria musica della malinconia. Sceglierei queste finestre semichiuse dietro alle quali si consumano le ultime ore di una libertà immaginata, obbligatoria e dunque inutile. O la madre che allatta nel parco, con il giubbettino rosa della figlia sulle spalle come una scaglia. Una città ferma come uno di qui paesini di periferia dove tutto bolle e nulla sembra succedere.

<< Home