mercoledì 22 marzo 2006

Fili, amplificatori, il rosso e il nero

Ci sono molte cose in un palco. Di solito stanno inerti, ma sono invece asservite, soltanto apparentemente inanimate: attendono. La musica sta dentro ai Marshall, si muove lentamente nei fili rossi, si affaccia dagli spinotti e dagli spazi tra i tasti, sonnecchia nei tom e regna invisibile nel theremin dei Transistors. Mentre il La Palma accoglie ombre fluttuanti nelle sue fantastiche file di poltrone rosse, disposte come in un cinema ideale, e le ombre prendono posto cambiando come amebe colore e forma sotto i faretti, Luca e il gruppo stanno in attesa sui divanetti lucidi, infilano accappatoi ideali di viscosa che si risolvono in piume e tanto rosso e nero, ed escono come sempre un po' guardinghi, fissano i fogli cui c'è scritta la scaletta, assaporano la formazione del silenzio.

I musicisti pagano sul palco un prezzo di emozioni: si guardano e si agitano come dervisci che sottostanno ad un rito. Loro sono là dentro e noi sentiamo sopra e sotto le vibrazioni, che passano per terra come onde da terremoto, che scappano dall’epicentro; tra di loro si guardano e si orientano verso lo stesso suono. Tremano le lunghe file rosse sopra il pavimento color melanzana. Tremano le donne, là fuori; i loro capelli lisci, le loro pose studiate i colli alla Modigliani, chi guarda chi chiacchiera, chi sta e basta, e si tengono strette, assumendo l'elettricità come un'ondata d'aria.

Amsterdam. Sempre vicini, e Fetish, e Memento, che tanto mi piace. E' un po' come un concerto per gli amici; è come stare per strada ancora; ma che strada, che viale newyorkese. Jonna non ha fumato un sacco di sigarette e suona concentrato. Il Mamo prende le sue note, ondeggia e gira di 180 gradi per riprenderle da un altra direzione, le lancia a Eugene che scalpita nel suo quadrilatero di tastiere. Simone sta come spesso i batteristi, nascosto al pubblico dietro ai supporti, i cavi, le braccia dei microfoni: e da lì mantiene efficiente il motore che va avanti e ci investe brutalmente elettrificato, acido e amaro come un pompelmo che scoppia tra i denti. Suoni impietosi, implacabili. La voce di Luca, quel sorriso beffardo: cantare in bianco e nero, senza concessioni. Il centro del palco viene occupato da Luke, le mani di Erman - mani saturniane - scrivono nel theremin canzoni di coltelli, di metalli che corteggiano corde e tastiere, e la voce di Miss Ari ci offre le sue molte note nere e le altrettante note british, fresche di club e di estate anni '60.

"Un film – penso mentre mi metto la giacca nera, perché si avvicina l'ora di Cenerentola e devo andare -, è come un film in estate. Fulminei, densi fotogrammi." Mi segue la voce pulita, ondulante; un filo di Arianna che esce con me nella fresca notte, e che mi porto a casa.

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