martedì 21 marzo 2006

You'll always end up in this city

Uscita dal garage con eccessivo impeto, mi sono fermata a scrivere un sms tentando di ignorare la brutta mattina grigia; poi, ripartita, ho trovato un incrocio intrecciato da un banale incidente. Un ragazzo circa ventisette stava fuori dalla macchina, bello e imbronciato, aspettando probabilmente i vigili. in mezzo a tutte le traiettorie. Una mattina buttata via, si leggeva in questo broncio: strappata a quanto era precedentemente preparato e pensato. L'immagine mi ha seguito sull'autostrada. James Brown mi tentava le gambe - prudentemente non-ballerine - mentre scivolavo in mezzo alle solite file di bellicosi camion e sporchi furgoncini sul raccordo. Sassofoni infuocati soffiavano sul grigio e scuotevano gli alberi scheletriti... Poi il sole ha guardato il calendario, si è stropicciato gli occhi ed è uscito a spazzare. Strisce e polvere di nuvole percorrevano il cielo romano, fuggendo dall'inverno. Gli alberi dei seminativi che confinano con il raccordo erano di colpo verdi, erano esplosi nelle loro piccole gemme tutti insieme.

Ho pensato ad altri tempi e ad altre città, con lo stesso grigio, gli stessi odori, gli stessi o simili ottoni. Ho attraversato altri semafori uguali, visto infinite finestre, congelato sulla carta altri gesti, amato tanti bronci da visi altrettanto belli. C'era lo stesso e insieme diverso scoppio subitaneo di primavera. C'erano le stesse macchine colorate, i camionisti altissimi nelle loro cabine, i treni che curvavano fino quasi a toccarmi in circonvallazioni e lontane stazioni. In tutte ho vissuto senza volerne uscire, perché la città ci disegna dentro un tatuaggio d'asfalto...

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