lunedì 25 giugno 2007

Hang loose, go with the flow

Mi piacerebbe a me uscire adesso, nel fresco della sera, con la polo immacolata ed i bermuda kaki, le sneakers morbide come fatte a mano, che porta un ragazzo slanciato, gli occhi nascosti dagli immancabili occhiali un po' a specchio, i capelli tagliati molto bene, trascurati perfettamente ciocca a ciocca; entra nell'autoscuola davanti alla latteria da dove io sto uscendo con il litro di latte gelato nell'incavo del braccio, e lì sparisce.
Ma io sono un terzo meno slanciata, medito.

Lo stesso meditavo venerdì scorso, ed altre cose ancora, prima di essermi presa una botta di malinconia nella notte feroce dell'estate. Le meditavo sotto le insegne del Brunswick, dov'ero arrivata come sempre prima alla BlogBeer che l'infaticabile Senzastile ha organizzato, e dove tentavo di collocarmi nello sfondo, una curva e un rettilineo dietro il Tevere che sembrano rubati al delta del Po, o ad un fotogramma di Paris, Texas, in mezzo ad una Roma padana nascosta dietro le robinie che non si muovevano per niente: muri arrabbiati di un verde cupo sotto il quali a partire dalle 22 sono scoppiati come fuochi d'artificio ragazzini motorizzati e famigliole, coppie uni e bisex e un tipetto solitario inguainato in maglietta fluo che si mangiava le unghie; eccolo che finalmente sbuca con il socio da una macchina bianca che lascia la scia come la mitica DeLorean, dinoccolato l'uno e lievemente gellato l'altro, ecco che pure scendendo dalla sua moto grigia appare Robie stanco morto ma, come sempre, con il fine sorriso del vero gentleman, e quando ci avviamo verso il locale che sembra una serie di decalcomanie anni '50 (e che vorrei far fotografare a Damiano) ci raggiunge il mitico Garbaland, romano adottivo ma-non-troppo, un milanese posato i cui occhi sono svegli, che ascolta con lentezza e setaccia le parole.

La birra è ghiacciata, un po' forte. Si parla di tante cose - ma soprattutto Web 2.0, il concetto di tempo, come vorremmo il futuro - che ci accomunano. Si parla anche del crampo-del-blogger, un lieve malanno che qualche volta, quando non siamo aderenti a noi stessi e dunque al mondo, ci impedisce di postare qualcosa che vorremmo far sapere a chi ci legge. E io penso, ogni tanto, che anziché tanti memi autoreferenziali (ma santo cielo, quasi tutti usiamo gli stessi strumenti "sociali".. c'era bisogno delle liste?) dobbiamo tornare allo slow-blog, a scrivere per condividere, a uscire per conoscere, a fare strike sui birilli dei minuti passati davanti al video anziché viverli.

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