mercoledì 30 maggio 2007

Riflessione per un breve scongiuro della velocità

Sul vassoietto, un pezzo di mozzarella biancheggia orgogliosamente nel suo latte, guardando altera come una dama di quelle antiche - alle quale il sole non doveva toccare: non erano mica contadine, loro - le due fette biscottate ai cereali dense di profumi e di tonalità della gamma del marrone. Fuori, le nuvole che a mo' di popolino seguono da due giorni la l'andare dei re temporali, di tutti i colori del grigio e del blu, passano lente sopra i profili orizzontali della città.

Per un po' io e le case, le strade, i profili non ci stiamo guardando. Io vo' di corsa dapertutto, giurando nelle mie tre lingue conosciute, ignara di cornacchie e motorinisti, conservando per dopo le promesse; la città gira intorno a me come la madre di un adolescente, senza molto capirmi, ma aspettando. Non sa, nemmeno lei, che la mia attenzione di questi giorni sta su coloro che dormono mentre qui il sole è già alto, che si lavano i denti mentre una ragazza di lino vestita alza il braccio abbronzato e guarda l'orologio, che mentre scendo l'ultimo gradino del portone analizzano per la millesima volta un composto, che collocano un frutto in modo a fare un quadro mentre io spremo il mio cervello nei deliziosi calcoli dei solitari.

"Tre volte ho attraversato il Sahara con gli abitanti del deserto, una volta anche con un gruppo di nomadi incontrati per puro caso. Non riuscimmo a trovare una lingua per capirci, ma restammo insieme lo stesso. Non scambiavamo parole, ma dividevamo l'esperienza dell'amicizia, della fratellanza. A un certo punto fui folgorato dalla sensazione che avessimo fratelli e sorelle dappertutto ma che non riuscissimo a rendercene conto: un impressione sublime."

Ryszard Kapuściński, Lapidarium, pagina 38

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