Rigenerazione della grattachecca
- Cche 'o sa se qqua 'ntorno c'è un feramenta?- Mi perdoni, che è quella laggiù, Piazza Zama ?
- Scussi, please, SanGio-vani?
Io ho sempre pensato che è per i colori, o perché i chioschetti sembrano casette dei vigili ma più piano terra, non sopraelevate e quasi irragiungibili: oppure perché oltre a me e ad altri quattro gatti nessuno guarda la gente che passa, nessuno è disposto a carpire uno sguardo di smarrimento ed a rispondere; invece il grattacheccaro è come quelli delle usl, dell'anagrafe e delle poste, una specie di superimpiegato della strada, che mentre risponde più o meno asciutto gratta il pezzone di ghiaccio e lo spala nel bicchierone, poi lo annaffia con lo sciroppo che vuoi tu, ci schiaffa il cucchiaino e la cannuccia (optional) e mentre te lo porge ti saluta e ritorna nello sprofondo del suo minilocale.
Questa specie di zuppetta colorata ferma il tempo. Ci si blocca nei terrazzini con le poltroncine di plastica e pure dentro le macchine e poggiati sui portoni e seduti sulle improbabili panchine dei semidistrutti parchi di quartiere. Si rimesta in quel brodo dolce, artificiale, sciropposo e sdolcinato e si prova un piacere infantile, come se la mamma ci avesse cresciuti a vichyssoise e non a semolino; si schiaccia il ghiaccio tra i denti ed è come mangiare la neve (chi ha mangiato la neve), e infine si dimentica il traffico calcuttiano, le arrabbiature, i rotolini di troppo. Io non resisto, tiro su con la cannuccia, le mucose della bocca si ricoprono di una cappa di melassa, il ghiaccio si solidifica in blocchetti: e allora bisogna picconare lentamente con il cucchiaino, unlavoro certosino, da meditazione: ricostituire i microscopici pezzetti senza i quali la grattachecca sarebbe niente, un analcolico da brunch, una robetta da aperitivo dei matrimoni.
L'estate comincia quando si aprono le saracinesche dei chioschetti, come è autunno quando si va per fraschette: i turisti nulla sanno, non ci sta nelle cartoline o nelle guide. E' roba da romani...
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