Chiudo gli occhi e il tempo riparte
- Ah! Quella là poteva aspettare che passava l'autobus per attraversare, no?- No, signora, l'autista ha fatto bene, la precedenza sulle strisce è del pedone, lo sa?
Il 16 è quasi vuoto. Io so che i paseggeri distratti e l'autista ci ascoltano. Sono scene che soltanto a Roma possono succedere; è neorealismo in un mezzo pomeriggio primaverile, sonnacchioso. La signora si ricorda delle norme di traffico, coincide con me che tocca sempre affermare i propri diritti di pedone (io di solito fermo le macchine con un immaginario martello gigante di pongo) e parte una conversazione non-blogger, di quelle in cui due totali sconosciute si toccano, una all'altra ci diamo un sorriso e un grosso trancio di vita, oltre a un sentito gran calcio nel sedere alla paura della morte. Una vita da ascoltare è breve, gli anziani sintetizzano meglio di twitter emozioni e trascorsi che si raccolgono in decine di anni, e alla fine rimane un racconto fatto di voglia di vedere i tramonti (sul Tirreno si vedono le albe, sull'Adriatico i tramonti), la luna e il cielo grande tutto per chi lo guarda con l'intensità umana che è in tutti a tutte le latitudini, da Dubai a Città del Messico, alle Svalbard come alla Feria de Abril.
Una donna minuta e adesso più indomabile scende a piazza dei Cinquecento per continuare il suo viaggio urbano. Io mi lascio inghiottire da quel patchwork di visi di tutte le etnie che vive come in uno slum mobile intorno alla stazione, e che mi fa un gran bene quando sono confusa; quando mi chiedo chi sono e dove vado, se è giusto quel che sento o quanto sono stanca di sentire, in mezzo a questo viaggio continuo e concentrato che sono le stazioni o gli aeroporti io mi rassereno...
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