Irresistible mexican dance
In questa città bisogna guardare, e spesso, il cielo e la parte alta degli alberi: sperimentare una scissione magrittiana dello sguardo, sopra gli attici, sopra le antenne. In attesa in mezzo a via La Spezia, come una cowgirl sopra il proprio cavallo, vedo passare le nuvole - banalità, giochi di bambini - con gli occhi aperti come bocche: rotolano tutte insieme, contenute dalle scie di aerei a reazione che si stanno già spiumando in fiocchi di nulla. Gli alberi spaventati dal vento sembrano smisurati, cupi fiori, e io sto ferma ma indubbiamente fremente, sfiorata dai percorsi delle macchine e i motorini, un flusso veramente atomico di sopra e di sotto: mi viene la vertigine, mi metto a vibrare, sto dentro per un secondo e non più.Le nuvole vanno come turisti all'ingiù in un autobus scoperto dal di sotto. Guardano le rovine e gli incroci pieni di claxon. Ogni tanto scattano con il flash del sole, e poi via, a correre verso il solitario Soratte, una spazzola gigante di alberi e rocce che le logora, che fa loro piangere, mentre il freddo cade e si nasconde dietro le copertine dei motorinisti: un ghiaccio siderale, incomprensibile, ed ecco perché la mattina me li ritrovo a scattare tra le corsie della tangenziale...Colonne di ferro e pompon carichi di polvere di riso, pesanti moli di fumatori grigi che nascondono, qual cavallo di Troia, famigliole di fiocchi di cotone usate per lucidare il cielo quando è d'argento. E dietro - ecco chi spinge il gregge - la pioggia va coprendosi le gambe per non inzupparsi, mentre a noi regalerà quell'acqua che rimbalza come se i marciapiedi fossero immensi timpani sampietrinati e viscidi.
Aspetto di sentire sul cofano dello squalo le prime gocce, una risata metallica; invece passa un camion di terra e mi ricopre di polvere, le erbacce rotolano, i saguari - che hanno fatto un solo gol - puntano il loro ringraziamento al cielo, dal Salon Mexico esce fuori musica di trombe lamentose, ironici violini, spettinate nuvole mature e grasse...
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