Accumulazione di operazioni illogiche e dismatematiche
Febbre, a pensarti la sento, so bene che accuso e pago una notte passata a dormire poco, disarmonica: ma il corpo parla sempre, mi chiama o mi rifiuta, e io lo ascolto. Tremo, come se dovessi spuntare dalla porta e guardarmi. E ti ho cercato tra la gente che affolla Prati - un quartiere di buona famiglia, sempre inappuntabile, dove si attardano indecise tante macchine in cerca di parcheggio, sfiorando distrattamente le facciate che richiamano i palazzi toscani e le stupende cancellate che guardano verso il Tevere - ma devo andare, c'è troppo traffico, troppa gente che non sei tu, dove tu non potresti mai stare.Seduta resto, davanti al caffé con una palettata di panna - quella panna sublime come certi baci, non troppo dolce, non troppo amara - che mi hanno fatto i ragazzi di Fassi, domenicalmente rilassati nell'inverno eterno del loro bancone. Rifugiata negli spazi delle mie solitudini di sempre, la mancanza di sonno tutto mi rende enorme: abbraccio con gli occhi i marmi venati di verde e le macchine ammutolite, testimoni di come il tempo può rallentare il suo battito fino ad armonizzarsi con quello di un'immagine assente, che mi sta sulla gola e provo a discostare. Vattene, dico, rifugiati sotto i cornicioni, come il sole rosa di questi pomeriggi. Non mi abbandonare, dico, resta concreta, che io possa sentire per gli anni a venire questo dolore, questo impossibile.
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