Tu pensa alla salute
Dal Gianicolo. Quel mattoncino dorato è Villa Medici.
Non sono molto ecologica. Nicchio quando devo incastrare un bel mucchio di carta o di plastiche nei cassonetti. So che non è il consumatore colui che si deve far carico di questo lavoro: sono i produttori di beni di consumo coloro che ci obbligano a farlo, mettendo ogni cosa in una bustina, ogni bustina in una scatola, ogni scatola in una shopper con gancetti, od occhielli di metallo, oppure che si apre e fa cadere mezza spesa e mi costringe a raccoglierla e riciclarla comunque, reprimendo un calcio d'indifferenza e di rabbia. Il cuore mio, però, è di pongo: alla fine sono brava ed ordinata come quando ero la prima della classe, e vado pure in cerca di un cassonetto meno strapieno fischiettando per mezzo quartiere (qui, sorry, ghigno ironico).
Gli alberi in città, però. Sì, i platani che baciano il Tevere, o lo spettacolo dell'Orto Botanico. I pini sulla Pontina, sulla Colombo verso Ostia: la loro corteccia che beve il sole come il travertino... Scappata al Gianicolo, quattro curve tornanti di valzer e sono lì, in uno dei balconi di Roma, con la mia macchinetta pronta - umile lei, non quei mostri che usano i veri fotografi - ed ecco il bruciare d'oro e fuoco della mia città nel tramonto scomparire dietro a furiosi rami secchi di platani e cedri che dall'ultima volta sono cresciuti all'inverosimile. Nemmeno i tetti colorati di Trastevere, tutti dietro le ragnatele fredde che tengono stretto, come fossero dita di Scrooge, il loro tesoro di vita fino alla primavera.
Ecco allora una donna impazzita girare su e giù lungo l'immenso bordo del belvedere, cercando spazi non invasi da dove rubare una inquadratura: i turisti spagnoli che vengono a vedere San Pietro in Montorio e il tempietto del Bramante - che sembra direttamente staccato dallo Sposalizio, mentre ne fu l'ispirazione - mi guardano frastornati, quasi timidi perché anche a loro è stato detto che da qui si vedeva bene tutta la città. Dietro ai rami spicchi variabili di luna piena salgono superando le strisce viola, rosa, oro del tramonto. Mi chiudo in macchina e quando sto per partire passa un ragazzo che parla al cellulare, concitato, agitando un libro dalla copertina bianca. Mi guarda. Io ho un bel broncio triste, da bambina testarda. Sorride non so se a me o all'invisibile interlocutore con cui parla... Scoppio a ridere, faccio ruggire il motore, vado giù per i lungoteveri, sotto al cielo sempre più oltremare...
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