martedì 12 dicembre 2006

Ho girato la chiave e non c'era la casa (dopo PiùLibri)

Tre chinotto e un succo ACE. - un uomo grosso ordina e poi richiama a sé una coppia con irrequieto bambino. E' domenica. I camerieri più belli del Caffé Tornatora, che appartengono alla classe doc di coloro che bandiscono i caffé come fossero numeri al lotto - e gli amanti della smorfia potrebbero, dai gesti, gli ammiccamenti, la descrizione fisica dei clienti, tirarne fuori numeri da buttare ai piedi della fortuna - acquisiscono velocità di servizio da ora di punta, perché da Piùlibri viene giù un continuo flusso di gente che s'incontra, ha fame e sete, guarda il cielo dubbioso se piovere o continuare il carnevale delle foglie, confetti giallo e ruggine che il vento sparge per tutte le vie di Roma, finché i rami saranno nudi e bisognerà che color che ora guardano tirino fuori i cappotti e si rassegnino all'inverno, senza più mostre né caffé seduti fuori.

E' bello il Palazzo così pieno di libri, con gli standisti stanchi (uno di loro legge, in piedi: nella mano sinistra il libro aperto, con la destra culla sul passeggino un bambino che dorme), il marmo delle pareti che non posso fare a meno di toccare - perché lo so, non è freddo ma tiepido, un tatto che ha della pelle e della carne - e le scale che portano al retro legnoso degli stand, il bel pavimento nero coperto dalla moquettina, e su tutto l'odore della carta patinata ormai smorzato, tenue. Sono belli i divanetti colorati dello SpazioBlog, ma location un po' infelice nel seminterrato; mi seguo parte del convegno delle 10.30, con in borsa una bracciata di cataloghi, un librino sul Mandrione, segnalibri colorati. Samuele, immutabile, fotografa. Leo porta le domande degli ascoltatori di RAZ, ma il tempo è poco per un tema così vasto, e il pubblico della domenica mattina ancora ibernato nelle lontane lenzuola o distratto. Chissà, forse dopo andrà meglio, devo andare. Mi sentirò il podcast.

Fuori l'aria è umida, fresca come nelle prime sere di aprile. Arrivo a casa in tempo record, sbaglio la chiave nella toppa. E come capita a tanti che colgono un autosignificato freudiano del gesto che hanno appena compiuto, mi viene fulminea la visione delle tante persone che ho conosciuto, che stanno ferme e congelate nella mia memoria, con cui ho usato chiavi sbagliate che hanno aperto (o no) le porte più innecessarie, fuorvianti, dolorose; e quanto sia difficile trovare l'empatia, il calore imprescindibile, il linguaggio adatto... Un piccolo moto di malinconia, ma piccolo. Comincia a cadere la pioggia a folate. Le nubi si spostano veloci. Dicono: tutto passa....

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