Fil orange
Mi guarda torvo, da dietro la giacca arancione con le bande che dovrebbero essere fluorescenti, come quelle dei coni segnaletici che sta mettendo sull'asfalto, a formare una specie di conchiglia aperta, in mezzo alla quale sta una macchina per le strisce, grigia e triste come un cane bastonato. Mi guarda manovrare come fossi a Vallelunga, per passare questo improvviso ostacolo notturno, e io sorrido e continuo a sentire l'Ensemble Intercontemporain che snocciola musiche valide per un bel ventaglio di sensazioni, musiche che ti prendono alla gola come un foulard di seta e proteggono, carezzano, permettono anche gli inabissamenti della stanchezza. Sì, bello il mio arrabbiato, la notte non è soltanto tua, e dovresti forse tenertela e godere del suo silenzio; in fondo potrei scendere e darti il cambio, trascinare quel mammut grigio ed aspirare profondamente l'odore della vernice riflettente. Potrei veder salire delle microgoccioline fluorescenti a incontrarsi con la foschia di questa serata banale, da metà settimana, in cui mi tocca abbandonare luoghi tappezzati di Rosso e di Nero (e dunque dedicabili alla passione e all'ambizione), odorosi di assenzio; mi tocca rinunciare per oggi alla Kahlúa, alla buona compagnia good fellows & music & photos & other beauties..., ma almeno tu, uomo fosco, non potrai guastarmi la notte, mio rifugio originario.Guizzo (ma piano) sulle strade che si snodano, curiosamente ortogonali per questa città funambolica, tra l'Appia e la Tuscolana. Mangio una piadina pomodoro e mozzarella appoggiata a una Freelander, dal Piadone a Via Muzio Scevola, mentre guardo le palazzine degli anni trenta e quaranta come al solito, fin sopra ai terrazzi, in cerca di sprazzi di vita. Ma è troppo tardi, le finestre sono scure, il sapore del pomodoro non c'entra niente con la notte: è un cibo da bambini. Sorrido, via. Il cielo scorre, va verso il mattino...
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