giovedì 4 novembre 2004

L’onnipresenza di un solo fatto

Dovrebbe essere normale non scrivere per un po’, sentirsi anche un po’ busy. Confesso che tutto l’abracadabra elettorale mi ha sbattuto a destra e sinistra dei miei pensieri, distraendomi da quella concentrazione su me stessa che mi è imprescindibile per scrivere. Fioriscono dapertutto commenti più o meno brillanti sull’evento dell’anno che oscura tutto e tutti e che soprattutto sembra vuole oscurare, più circo che mai, l’importanza del mio quotidiano, del quotidiano del vicino, vuole oscurare le mie sensazioni, dovrei pensare a quello e non per esempio alle sensazioni che mi produce sentire le voci dei lavoratori romeni che stanno nelle impalcature che coprono le facciate di casa. Vorrei invece ricevere questa notizia almeno dieci mesi da quando si è verificata; come quando nel Far West, in un assolato pomerigio, un viaggiatore portava una notizia dalla capitale, dalla città più grande, dall’Europa, ed era tutto meraviglia, ci si poteva pnesare e meditare sopra, ed era una notizia importante davvero se era riuscita ad arrivare così lontano. Adesso, tutto è importante, e io resto sgomenta perché mentre tutti spargono le teorie sull’importanza assoluta di questo momento, e soltanto da questo, io continuo a sentire che ci sono migliaia di altre “notizie” altrettanto e sicuramente anche più importanti, per me, per tanti.

In più il clima è confuso, il pomeriggio si scurisce presto in una notte troppo lunga per me, cui non bastano nemmeno le circa 18 ore di luce estive. Roma diventa brutta quando si avvicina l’inverno, si ripiega su se stessa e si rigira come un animale che cerca la propria posizione per un letargo sporco ed inquinato, di pozzanghere e luci taglienti che provengono da tutte le parti meno che dal cielo. Sono concentrata soltanto su questo momento di debolezza.

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