Romanista della luce
Certamente, quando questa città fu fondata, nessuno pensava molto alla gamma di luci del mattino o della sera che si succedono come in un concorso di fuochi d’artificio tutti gli ottobri e parte dei novembri. Si scrutava il cielo per trovarne predizioni, segni, anticipazioni di prodigi o di disastri: il cives romanus guardava di più il cielo di quanto lo fanno adesso i suoi concittadini. Indubbiamente anche, aveva un cielo più grande del nostro di adesso, limitato da tutte le parti da palazzi ed antenne. Ma quando si arriva in questo periodo dell’anno, proprio adesso che tuto sta per finire e che l’autunno e l’inverno si scambiano delle occhiate velenose come fossero su due corsie del GRA, la féerie dei cieli si accentua in un modo tale che alle volte rimango senza respiro, e lascio apposta in casa la fida macchinetta fotografica da supermercato, perché so che questa luminosità è da pennello, da grassa pittura ad olio e da grande velocità di realizzazione sulla tela. Oggi sono uscita da casa e subito capitata dentro una garza rosarancione; maledicendo a bassa voce il non poter mollare tutto ed andarmene per un’oretta in giro soltanto per riempirmi gli occhi di colore, sono andata verso la macchina pensandovedendo, alle case del centro, a Corviale sicuramente rosa nella sua solitudine sul colle, alle luci filtrate nelle strade del ghetto, al colore delle foglie dei platani sul Tevere, e nel frattempo guardavo le case intorno, anche la mia casa, regolamentari nei loro colori ocre e mattone e beige e crema, che assorbono il calore di questa luce e la ridanno dopo, tutte fornelli accesi di colore. Sopra, il cielo mostrava il passaggio di striscioni di nuvole dai capelli giallograno, che ad ogni minuti si faldavano in grigi e bianchi di venti tonalità diverse. Invidiavo i piloti che atterrano a Ciampino e che sicuramente si godono le albe ed i tramonti da altri punti di vista; li invidiavo e volevo essere lassù, mentre sotto di noi continua a girare la terra. In fondo allo sguardo, verso le mini-colline di Tivoli, un sipario di nuvole invidiose, che fanno loro sembrare più alte, e poi un cerchio immenso d’oro pallido, da scrigno che si apre e fa vedere i tesori, ed il sole si stiracchia, ha bisogno ancora di due o tre caffè come me (no, io di più), spia guardingo strisce di celesti portati su da scie di nuvolette bimbe ed esce. Mezz’ora ed è già luce piatta, NORMALE. “Oggi piove”, dicono le donne delle pulizie.Si, tutto si è richiuso, ma io sono bruciata e consumata e radioattiva di luce…
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