lunedì 25 ottobre 2004

Shortwaves

Oggi null’altro che io robotizzato. Ho taggato e reso rosse le cose evidenziate. Il giorno è scivolato come si scivola in quei pantaloni a lungo abbandonati nell’armadio, condannati da due chili di troppo, quando i due chili sono finalmente spariti. Pensavo di finire così la mia giornata, nella normalità di un giorno casalingo, senza lasciare traccia. Eh, ma no, succede sempre qualcosa; perché io cerco sempre, come fossi un occhio magico che trema nel raccogliere le onde radio degli altri. Un gracchiare di sentimenti e di gesti, l’istinto gira la manovella della massima espressione: a volte soltanto i movimenti esprimono, un camminare che mi ricorda un altro, delle mani, la stanchezza di una mano che indica e quasi cade. Sono stata éblouie, fusa da un solo sguardo. Ah, che ironia, e anche quanto fastidio nel togliersi da davanti la polvere degli altri! Prepotente. Compagni amatiodiati ti studiano e disarmano per un unico breve secondo e mezzo. Poi passeggi là sotto, e ogni tanto mi cerchi con gli occhi, non capisco perché. Deve esserti andata così bene la giornata. Forse anche la notte, la mattina furono fruttuose di contatti e di odori. Lo vedo dal modo in cui passeggi; queste cose lasciano come un aura, un bel velluto intorno, un certo tipo di salute. E volevo ignorarti, fare la sostenuta; in fondo, pane e sale, né mo’, né mai domani. Eppure quello sguardo malandrino girava un 180° per ritrovare il mio.

Sorpreso, forse, nel non trovare dentro l’ansia di tutti gli altri giorni?

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