martedì 9 novembre 2004

La distanza è una disdetta

Sono rimasta a letto fino a mezzogiorno, in uno di quei giorni, pochi, all’anno, cui posso stare sola per ore a sentire i rumori e gli odori ed a rimuginare i miei pensieri. Non riuscivo a dormire perché incrociavo continuamente le caviglie e così, a mo’ di crocifissa, non dormo mai. I muratori ("Valerioooo…. A Valéééé…..Passami ‘a spugnaaaa!!!!”) ed una lama di freddo mi hanno accompagnato nel semibuio, fino a prendere il barattolo del caffè, sentirne l’odore, riemergere alla giornata un po’ stranita, come se avessi maldormito in una stazione. Passano gli elicotteri sottolineando dritti il cielo. Una moto sgasa per prendere la curva, qua dietro, rilassata. La mattina è sospesa a quest’ora, prima di pranzo c’è un formicolare che non è di lavoro, un diluirsi verso una qualunque uscita. Mi sono strizzata le mani fino a sentire le unghie. Avevo voglia di renderti tangibile, di sentire sotto l’indice 2 cm2 di calore puntuale. Due libri sottobraccio: uno che parla di gente che mai si vede, che si sente e si scrive e si effigia via fibra ottica; l’altro, del potere dell’amore, dell’intensità della gelosia. Volevo forse condividere una scena: tu che corri verso di me, o che rimani ad aspettarmi. Io che accelero (non corro mai) o che mi fermo per guardarti. Una battuta delle dita sulla notizia che ci colpisce a tutt’e due sul giornale, ehm, mi presti un fazzoletto di carta? E per favore, andiamo ad annegare l’emozione nel fondo di un caffè….
Poi mi si è parata davanti, come una madrastra, come una torre di piatti sporchi, la coscienza dell’impossibilità. Ed ho cercato, nella sezione turismo della libreria, una mappa tascabile, la più piccola possibile, che mi desse l’illusione di una distanza minima, digeribile. Non certo quella vera, allungata come un treno che se ne va, ben curvata sulla superficie terrestre.

Ho ritagliato il centimetro che ci separa; questa è la realtà. E’ soltanto un centimetro.

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