Io farei l'abbonamento al letto
Quando a Roma piove, si diceva un tempo, tutto si ferma. Bastano du’ gocce!! E invece no. Certo, siamo scocciati, gli incroci si riempiono come calzoni meccaplastici, i pizzardoni si nascondono, i pedoni diventano una variabile aleatoria dello stress, i motorini sono ancora più guizzanti del solito ed il piede sinistro diventa una leva freno-frizione, l’acqua ci spia dalle pozzanghere e ci attacca alle caviglie. Ci si ferma soltanto nel proprio spleen. Questa mattina Omar mi ha portato lo squalo fuori dal garage e appena ho attaccato il frontalino ed è partito il Chopin di questi giorni ho subito sentito un interno digrignare. Ho tolto tutto ed attaccato m2o, l’elettroshock delle mattine nere e di pioggia. Il cielo è diviso - dopo uno dei tanti acquazzoni – come un tramezzino: grigionerogiallastro, bianchiccio, grigioblucobalto attraversato da strisce di lontani lampi. Imbottigliata e martellata dai bassi del dj, guardo lo scorrere delle strisce ed il mutare dei colori. Si stanno compattando, gareggiano nel formare un finto, scurissimo pomeriggio. Sotto la tangenziale in cui la fila è semiferma i treni vanno come tanti nastri di ginnaste d’artistica: verdi, rossi e bianchi, pesante grigio, motrice che schizza. Addio bel SanLorenzo addormentato, là sotto.Una me si muove incessantemente, un effetto videoclip di rallentamento e velocizzazione di braccia e gambe, sotto il ritmo ipnotico-techno-pogo. Nella stradina di acceso bordata di olivi, dove tante volte ho camminato, striscio le pozzanghere senza osare mettere la ruota per più di venti centimetri, alzando una mini onda che sbatte sulle murate della macchina. Fluire, fluire, dicono le percussioni. Poi una strisciata magnetica, l’orario che si stampa, accendo il mio chip al neon: io, robot…
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