Degas a Roma, una mostra minore
Ieri ci sono andata, ed non mi ha fatto altro effetto che confermare un mio giudizio severo sulle mostre a Roma: si prende un grande nome, si fa un bel battage pubblicitario, e la gente accorre. Abbiamo introiettato così bene l’effetto pavloviano della pubblicità, che nemmeno l’arte ne è risparmiato. Il prezzo del biglietto è proibitivo per i comuni mortali e dunque voglio prevedere che ci sarà roba che merita un tale esborso, più costoso dell’entrata al Louvre. Invece no. E’ l’ennesima mostra non per il pubblico, ma per gli addetti ai lavori, fatta eccezione per dieci o dodici pezzi che lasciano senza fiato per l’indiscutibile, pignola maestria. Tutto il resto, prove e disegni, I e II stati di incisioni complesse con uso di diverse tecniche sconosciute ai più, sculture di cui la maggior parte sono prove, roba che nemmeno gli studenti di Belle Arti avrebbero il coraggio di mostrare, ma che la morte del sommo artista (e che sia sommo è innegabile) rende di valore. Certo, posso sempre spiegare alle mie amiche che le difficoltà della vista non hanno impedito il dominio delle luci, l’amore per le spalle delle ballerine, l’uso di colori forti nei piccoli dettagli (scialli, fiocchi, ventagli), calamita degli occhi in quadri cui lo sfondo è quasi uniforme; ciò non toglie che davanti agli appunti di figure e piedi di ballerine, di cui forse solo uno è corretto e lo direbbe qualunque professore di disegno, rimangano allibite, smarrite, e non ci sia nulla da eccepire. Il pubblico ascolta la guida ma io so che nulla rimane, non s’introietta l’artista davanti ai pezzi minori di una produzione cui gli organizzatori di mostre non possono accedere, ed è per questo che ci propinano le briciole.Invece difendo le piccole mostre, come quella di De Nittis (contemporaneo di Degas, ma chiamarlo impressionista è riduttivo), al Chiostro del Bramante, dove la bravura del pittore c’è tutta, dove c’è da ammirare il dominio del colore e delle luci, la resa degli oggetti più difficili, il superamento della difficoltà indiscutibile dell’uso dei bianchi in pittura. Inoltre la scelta è fatta di pezzi “maggiori” collocati nel loro momento culturale (persino i disegni liberi vanno dentro al libro originale) insieme ai testi scritti dagli amici che descrivono e spiegano un ambiente, un momento storico, situazione imprescindibile per “imparare” in una qualunque mostra. Roma rimane una città minore, quanto all’insegnamento dell’arte attraverso le mostre. Andate a vedere le chiese, i musei minori; come tutto apprendimento, richiede pazienza e costanza, ma ripaga. Ed evitate accuratamente i nomi ridondanti.
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