mercoledì 22 settembre 2004

Traducendo

Mi dico addio, poi mi ci avvicino e mi carezzo il viso, poi me ne allontano e mi guardo andare via, poi ritorno per un ultimo abbraccio, poi mi dico addio. Dietro, le note dei Preludi martellano abiette la mia schiena, hanno dei invisibili gancetti che mi strappano a pezzetti la pelle, tutto in carne viva, un disastro emotivo, un crollo delle torri interiori simbolo della mia potenza serena. Sono spinta furiosamente da questo pianoforte verso il nonsisadove prodotto da un’assenza, sono la penitente di un tempo bianco, di un silenzio pieno di cose possibili - come disse Kandinsky - dove vado e vengo, insicura nel dolore quanto nell’abbraccio. E continuo a tradurre senza sosta, ripetendo nella tastiera gli impazienti gesti, gli automatici gesti dell’interscambio vita-soldi. Avanti, avanti, avanti e poi vai via, VIA! Ok vado, un attimo solo, mi butto nel pozzo, un dolore inaudito dentro il cuore, ed è sempre così mi dico, sempresempre.

La mia immagine mi guarda dalla bocca del pozzo, mentre il cielo scorre, mentre la vita scorre.
E mi butta la corona di spine.

<< Home