In banca
Ho firmato. Ho firmato tutto. Carte e carte. Un senso di vertigine. E il mio nome, come al solito, con il cognome sbagliato. Il direttore ha ricominciato a scriverlo su un foglio dei tanti da firmare, talmente male che non ho resistito: "Vorrei che fosse scritto correttamente, per favore" Nessuna supplica. Inflessibile.Il direttore un po' grasso, sudato, ma non brutto. Si ferma un paio di secondi e poi rompe il foglio che ha cominciato con il bel roller nero con cui fa queste cose; oggi già fatte diverse pratiche come la nostra. Prende un altro dall'armadietto, ricomincia il tutto, fa attenzione, scrive tutto bene, le cifre, i cognomi. Firmiamo con una finta MontBlanc il cui tatto mi fa venire la pelle d'oca (le vere Montblanc hanno un tatto incopiabile), ci metto pure due firme in più nella scheda riconoscimento firme, la firma legale, quella con il secondo nome abbreviato, quella più veloce, un solo nome ed un solo cognome. Finisce tutto. Grappette, saluti, stretta di mano (tutto sommato non floscia, non sembra totalmente quello che giudico di solito di tutti i bancari), chiedo un bigliettino da visita, di quelli che sicuramente lui odia, con il marchietto della banca.
Ho freddo, ho freddo, un buco allo stomaco. Vado a farmi un caffé al baretto preferito vicino alla scuola, dove anche il caffé decaffeinato è quasi sublime di buono (o forse mi piacciono i due baristi, boh). Chiacchiere sulle orde di mamme che stanno per calare giovedì prossimo a farsi cappuccini e cornetti ristoratori dopo aver portato i bimbi a scuola. Mi autoregalo caramelle al tè verde, della Leone, un pegno ai ricordi di quando ero qui per la prima volta, e le compravo perchè erano tra le poche cose che mi portevo permettere facendo la babysitter di due mocciosi insopportabili.
Uffa. Passerà anche questa, mi dico come sempre.
Passerà?
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