lunedì 16 giugno 2008

Ho visto l'asfalto luccicare



Parco di Monte Mario. Villa Mazzanti, riflesso di un magnolio fiorito


Se io potessi andare a lavorare ogni giorno da Via Gomenizza a Via Trionfale, salendo lentamente il dislivello fino a sotto l'Osservatorio Astronomico, non avrei bisogno nemmeno di pensare alla dieta, all'età, al traffico. Lentamente, con un bel ramo alla mano, cadenzando il passo, alternando tornanti e scalette, salutando i guardiaparco nelle loro Pande bianche, andrei su. Il verde è più verde allora, e ci sarebbe pure un bourdonnement d'insetti a sovrastare, per un po', il rumore del traffico. Sotto, il bianco dell'Olimpico. Sopra, le cupole dell'Osservatorio. In mezzo, una piana d'erba morbida, panchine dove leggere. In fondo, il Cuppolone. A destra, rumore di cucchiaini: colazione al Cavalieri Hilton, sulla terrazza. E allo Zodiaco non ci sarebbe nessuno. Vedrei salire l'umidità che ha coperto la città come un foulard notturno. I colori di Prati, come tanti zuccherini rifiniti dal primo sole, fuoriuscirebbero dalle facciate, vicino al fiume più verde che mai.

Nella mattina di domenica invece, con il sole che brontola da dietro le grosse pecorelle che da giorni transumano sul cielo romano, vado su leggendo i cartelli e scoprendo piante che non avevo visto mai in città. Sulla curva panoramica sotto Villa Mellini turisti sbalorditi si riposano al fresco. La terrazza dello Zodiaco e piena di gente e come al solito ogni cosa è lenta. Arrivati fin lassù, tutti trattengono un po' il respiro: alcuni perché guardano la città, che in quel momento costruisce loro un ricordo per sempre. Gli innamorati, perché lasciano il lucchettone dell'amore eterno sulla ringhiera, vicino alle rose: ora fammi sognare. E io, perché penso che mo' devo scendere.

Sono le due adesso. Una coppia anziana attraversa diagonalmente via Gomenizza. Lei lo tiene per il braccio, quel modo di passeggiare dei nostri genitori, e camminano concentrati, a piccolissimi passi, come su un filo tirato. Quando arrivano al marciapiede, sempre leggerissimi, mi passa davanti un furgoncino. Un riflesso del sole sui finestrini schiaccia istantanea, rabbiosamente l'asfalto. Silenzio della domenica. Guido piano, i finestrini aperti a respirare i lungoteveri, fino a casa.

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