This side up
Se tossisco, in mezzo al traffico della Nomentana - e per un momento chiudo gli occhi e ricordo Bukowsky che ben sapeva essere lo starnuto un momento di sommo pericolo alla guida -, con una tosse da BPCO che oscura ogni battito dei PlanetFunk che tengo sparato dalle finestre, in un tentativo iniseme di risveglio e di ribellione ambivalente al dover effettuare un giro qua e a destra dopo il semaforo di là come tutti i giorni e giù fino al lavoro oggi-che-non-mi-va, è sicuro che rischio di infrociare, di cadere; vado con il naso per aria a guardare nuvole confuse e nere, ignorando i claxon e quei desideri che soggiacciono sotto la pelle, senza nome, volontà quantizzate come un coltello che dorme in un cassetto e non sa se mai taglierà, nè cosa.Un silenzio, la Nomentana la mattina, in una fila lentissima dal Raccordo: come se ogni consolare fosse un film, qui però senza sonoro. Ai lati crescono malerbe di cartelli di surgelati e manicure, di B&B e tutto per il party, di cabine erotiche e pasticcerie napoletane. Sotto le ruote destre le radici ribelli dei pini. E dapertutto l'aria fine della primavera inoltrata, fattasi grande subito chissà per quale esperienza di temporale, che ha spinto da sotto gli steli di tutti i seminativi, e carezza lieve un gregge stazionante e brumoargilloso tra l'uscita 12 e la 11.
Niente claxon allora. Le facce dei guidatori davanti stanno incollate agli specchietti e mi fissano come quelle dei delfini quando strisciano sull'acqua all'indietro. In alcune restano filamenti di un'umanità primitiva e sfuggente che bevo come fosse una rugiada. Ci separiamo nelle rotonde, come galassie schizzate, lasciando in mezzo una materia scura fatta di tutte - penso - di tutte le possibilità di amore.
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