Della sottile arte del resoconto
Tempio di Ercole Vincitore e due innamorati
Prima, il parcheggio in linea con il cipresso del Circo Massimo. Poi l'attraversamento di micro-oceani di persone dai polpacci pronti alla corsa. L'incontro con la banda. E poi ci si è avviati...
Ricordo la pioggia che cadeva come se il percorso di 5 km fosse diventato Colli Tempestosi. Due fisici che corrono e spariscono, più spaziotemporali di noi. Io imbranata che con un occhio avanti e l'altro sullo schermo della mia fida Olympus tentavo di fotografare il Tempio rotondo, e insieme mi sono entrati in quadro due innamorati. Il gruppo che si allontanava sotto ombrelli leopardati e impermeabilini celestino, verdino, rosso, su per via del Teatro Marcello, e che mi veniva una gran fame a pensare alla Pasticceria La dolce Roma, lì, a due passi. Passare a piedi per strade che percorro in macchina pentendomi sempre della mia velocità - e desiderando per un tempo inmisurabile di lasciare piantato lo squalo in un lato a caso di via Petroselli e andare a passeggiare per i lungoteveri - sentendo la forma dei sanpietrini sotto i piedi leggeri. Parlare della forza dei bambini e delle aspettative non soddisfatte: di come duole da grandi quella volta, da piccoli, che fummo traditi ed ignorati per la prima volta; del girovagare le domeniche per agriturismi. In fondo a via dei Fori Imperiali il solito, sornione Colosseo di sempre, con i soliti, sornioni e pancioni soldati e generali da foto per turisti. E i cortei di macchine addobbate come regali di Natale con dentro soldati e spose, e le volontarie della Race che fanno fuori pallet alti un metro di bottiglie di acqua (le guardo e le penso la sera, a cena, oppure all'uscita della doccia: "tesoro, lo sai che in un ora abbiamo fatto fuori cinque pallet di acqua?"). Palloncini e il caffé (o il Magnum, anche) della staffa, tutti insieme, in un silenzio che era come un giardino molto grande, e una domenica tutta per noi.
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