mercoledì 19 settembre 2007

Un altro pomeriggio di prepotenza

Se le Erinni, dopo la fine della cultura antica, si fossero storicamente trasformate per durare in altri posti che non fossero i libri, sarebbero diventate robinie. Sotto le furibonde mischie di nuvole di una giornata cittadina di autunno, i cerri, i vari pini e abeti stanno immobili, sdegnosi di un vento - figlio di quello che alla fine di agosto terrorizzava i faggi e gli altipiani dei Simbruini - che dopo aver schiaffeggiato bene Villa Borghese si perde sui tetti del centro appena entrato da Porta del Popolo, ovviamente incantato da tanta miseria e nobiltà messe insieme: ma le robinie no, quelle si sbattono, lo affrontano, perdono rami e le delicate foglie che quando ingialliscono sembrano tante monete rotolanti - rolling leaves - sull’asfalto, il tutto mentre giro Via Maria Adelaide e mi fermo in doppia fila con tutte le frecce accese - e una preghierina al dio che protegge i romani, in queste situazioni, dai vigili e dagli ausiliari del traffico – per comprare in un banchetto di legno messo lì, coperto di mazzetti di peperonicini tondi e a cornetto, dei fiori color porpora che sembrano di velluto.

Moto, moto dapertutto. Mi scosto a destra e a sinistra. Un ballo di cortesia per gli scalmanati, per quelli che ai semafori aprono i cellulari volendo liberare i venti emotivi, per le ragazze cattive bien debout sur la selle e con i tacchi alti. Un uomo e una donna parlano su di un terrazzo alto, lui si porta la mano al cuore: "ti dico che è la verità..". Un ragazzone da una finestra guarda passare tre signore avanti con l'età, ma sempre truccate; gli occhi formano una frase, ma lui si porta la mano alla bocca per coprire i pensieri.

Ci sono innamorati, come sempre, seduti sui muraglioni dietro Santa Maria del Popolo. Sopra, come immense ginevrine, grossi nuvoloni cangianti nel tramonto. Quelli si baciano e io scivolo nelle curve del Muro Torto, quelli si baciano e sotto passa l'Acqua Vergine. Lasciami, città, biblioteche chiuse, baretti di cinesi, odore di kebab, tornare a casa...

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