Get on top
Quel rumore di piatti e di posate, l'odore denso del caffé nel silenzio raccolto, scuro, delle mie mattine, mentre fuori è grigio, è come un rituale del prepararsi, una cosa che non è mai uguale. Ogni giorno sento o non sento le spalle pesanti, sento o non sento la pelle morbida, sento o non sento il tempo che passa: le lancette corrono feroci, vanno via come l'acqua, come l'ossigeno. Mi slancio per le scale, esco, mi siedo in macchina e partono - interne alla condensa dell'umidità che viene strappata, o come spennellata, dalle lame di aria che entrano da strisce limitate di finestrino - le chitarrazze dei RCHP, sporche e cattive. Spinta, quella frustata che mi strappa al muro nero, a tutte le cose che sento di lasciare dietro ogni mattina, ad ogni chilometro, come una scia solida. Tieni la testa, mi dico, non guardare indietro, non diventare una statua di sale.Correre, ma zen. La tangenziale non mi permette di volare. In più c'è un treno che curva là sotto, e chiude il mio cerchio spaziale, virtuale. I gesti e i movimenti di quello che mi circonda mi parlano, le nuvole si aprono in slow motion per far passare un piccolo raggio di sole, e là in fondo sta il dopo, sta il domani, sta il più tardi. Vai, vai, in mezzo ai tir scatenati. Vai, vai come un pezzo di presente. Vai.
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