Un altro basso di polvere
I giorni passano
Un tempo di allergia, prematuro. Coloro che mi stanno intorno si spaventano, mi vedono contorta su me stessa spendere uno dietro l'altro i fazzoletti di tutte le marche vendute ai semafori, quelle con i nomi improbabili e le didascalie tradotte in ucraino o simili a quelle con la plastichetta che scricchiola. Non sanno nulla, non si deve consolare: al massimo far ridere. Una battuta, un cornettino e vado avanti lo stesso, rido lo stesso, batto a zigzag le macchine nei passaggi stretti intorno Piazza Bologna; che quartieri borghesi questi, come mi sembrano sepolcri imbiancati.
- Ci passa il camion? - chiedo a un netturbino, dopo aver spostato la macchina avanti e indietro all'angolo della piazzetta che ospita il mercato.
- Sa, i piccoli sì, ma oggi usiamo quello grande, e...
- Ok, la sposto, ma dove? - vorrei lasciarla in mezzo alle bancarelle, come in una pubblicità.
Via Livorno. Mi fermo un secondo a mangiare dei falafel caldi, un po' grassi ma profumati. Il sole, ormai coraggioso, scivola sui vetri dei palazzi, e con lui tutto e tutti in un grande tempo comune: ma io sternutisco e chiudo gli occhi e gli occhi si gonfiano ed è buffo sentire intorno le arcate orbitarie, e rido e in fondo è un dolce stare male, non essere totalmente normale, permettersi di zoppicare...
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