Due note e un bemolle
Sono giorni ingorgati. Passo in mezzo al Pigneto, il muso dello squalo puntato verso la Gelateria di Via Pesaro 11, dove fanno un gelato al pistacchio sopraffino, o lo zenzero, la cannella, la pera. Mentre scivolo per via Fivizzano, penso che questo quadrilatero di isolati, il cuore del quartiere, sembra una specie di cremino Fiat (che insieme alle scorze d'arancia ricoperte di fondente, è tra i miei cioccolatini preferiti) circondato dapertutto dal traffico della Casilina e la Tangenziale e dai fischi dei treni che sfrecciano continuamente sotto ponte Casilino. E anche, in questa silenziosa domenica, come se per un pomeriggio, o una domenica di mercatino, una di quelle cittadine di collina intorno a Roma avesse prestato un pezzetto alla Calcutta, un angolino dove respirare,addocchiare qualche oggetto che empatizza con noi, leggere un libro seduti per strada, bere una birretta sotto l'ultimo sole, svuotare il cervello dagli ingorghi.
Le piccole palazzine hanno i soliti leoni che guardano dai cornicioni; la macelleria più antica del quartiere, una fila di manzi arrabbiati che sporgono le corna verso i passeggiatori. I due cinema del dopoguerra, da recuperare alla città, staccano fuori dalla linea delle facciate le loro pulite angolarità. Girano bambini, gatti e bibiclette...
Dal Pigneto al Mandrione, a seguire gli acquedotti verso il fuori città, il passo è breve. E nel punto dove questi segni tangibili del tempo s'incontrano in uno slargo seicentesco, colui che possiede insieme sensibilità sopraffina e rigoroso analisi suggerirà, giovedì, piccolissime città invisibili dove può entrare, idealmente, ognuno degli ascoltatori. Grande, bellissimo regalo...
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