mercoledì 13 settembre 2006

I vicoli di un quartiere che sta dentro me

Non posso certamente dire che quando, un tempo, mettevo con le puntine (una o due volte a settimana, sul sughero dei piccoli annunci di un bar dove ci si incontrava con gli amici) un foglio scritto, una storia breve o una poesia da leggere, sul quale alcune persone prendevano la penna per commentare, stessi facendo qualcosa di molto simile a un blog. Ma indubbiamente era una traccia preistorica, qualcosa che ora il blog permette ad un livello ben più vasto.

Rivedere quei fogli, mentre cercavo altro, un po' mi ha emozionato. Nelle cose che si scrivono nel passato si può sempre riconoscere - magari nelle emozioni meglio raccontate o nelle metafore intuite, brillanti come un accordo di ottoni - il proprio modo di vedere il mondo e di esprimerlo: anche nelle omissioni, in quello che sta tra le righe, oppure in una freschezza, o fierezza, che si trasformano fino ad arrivare al hic et nunc dello scrivere oggi, in supporti labili come la rete, per un pubblico con il quale è possibile, diversamente ad allora, ch'io non mi prenda mai un cappuccino per parlare di quello che avevo scritto.

Oggi, due anni di fogli affissi. Brindo, con il mio cappuccino virtuale, con tutti i miei lettori passati, presenti, futuri.

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