martedì 5 settembre 2006

Streets

Le strade di Roma sono come animali selvatici: se hai paura ti azzannano. Eccomi, guardando con occhio terrorizzato la spia del gasolio al ritorno da una puntata del Grande-Giro-dei-Centri-Comerciali-Monstre causa ricerca di un frigorifero nuovo. L'istinto mi dice: Roma-Fiumicino. La paura: no, rimani senza gasolio e per strada e poi - no, non voglio nemmeno immaginarlo, vergogna, deficiente, etc. - meglio prendo la - Portuense.

La Portuense è una strada brutta oltre ogni limite. Ogni aspirante a vero romano dovrebbe percorrerla almeno una o due volte nella vita, come fosse un viaggio iniziatico: il passaggio da guidatore normale patentato a superman dell'intuito. Io di solito ci inciampo; se capito nelle sue vicinanze, stordita, vinta da una forza che va contro ogni ragionevolezza, mi sento acchiappare e tritare tra le sue buche, mentre sputa la bava nelle sterpaglie bruciate e mi ride dietro nelle curve il cui bordo è di sterrato e basta una puntatina del pneumatico che vai volando fino non si sa dove.

Dovevo vedere Corviale, forse. Controllarne la temperatura. Ancora sterpaglie e camper, tende sparse sulla collina. Malgrado la biblioteca, e i progetti, ancora c'è da fare. A me quel palazzone piace. Vorrei conservare una visione fugace, come di un edificio intravvisto in sogno.

Ho provato ad scappare, verso il Trullo. Ma dove vado? Non ci sono troppe indicazioni stradali, a Roma, costano. La strada s'infila in città come una coltellata, finché sbuco non so come sulla Circonvallazione Gianicolense. Mmh, ma se vado di qua posso girare verso Testaccio e - no, c'è via deli Orti di Cesare che sbuca nella Portuense, porc.. E' un incubo, è ora di svegliarsi, mo' apro gli occhi e va via tutto. Trovo un cartello di inversione di marcia collocato sicuramente da qualcuno che ha sofferto come me, intensamente, del fascino della Portuense. Mi fermo in doppia fila, al primo bar che vedo nella direzione giusta; per favore un caffé. Ristretto.

Una signora offre al suo bambino, scocciato di stare fermo nel passeggino, un sorso di succo di frutta, dal biberon fiorato: il bambino si dimena stizzito. Allora lei prende, direttamente dalla tettarella, una lunga sorsata, puntando verso il soffitto. Sorrido (no, non devo ridere, quella me butta il biberon) mentre mi giro per pagare, sorrido ancora, in mezzo al traffico, due volte liberata...

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