lunedì 11 settembre 2006

Il tuo macro è come un rock



Orto Botanico, Rose antiche

Le zanzare di Roma sanno bene dove andare in vacanza. Relax massimo, crociere nel laghetto di Shrek, un orizzonte di orchidee nelle serre, l'odore dolciastro delle felci. Un bel balletto optical si alza dunque mentre io mi abbasso a fotografare dei microfiori (delle Haworthia bolusii, credo), le rose antiche o un cespuglio di trifoglio a quattro foglie, un concentrato di fortuna. Le braccia mi tremano, circondate dai pungiglioni. Immagino di essere un enorme faro di calore, irresistibile. E scappo a gambe levate torturata, ma irriducibile, verso il roseto, le palme, la sughera centenaria.

L'Orto Botanico sta in quel triangolo pre-trasteverino formato da Palazzo Corsini, la Farnesina di Raffaello e, nell'angolo più lontano, il carcere di Regina Coeli, quel luogo del quale un tempo si diceva che non era vero romano colui che non ne aveva oltrepassato almeno una volta la soglia... insomma, c'è 'no scalino... Dopo, c'è il lungotevere, un terrain vague dove un leggero sentore di cera annucnia i possenti, vicini bastioni e palazzi vaticani; prima, dopo Porta Settimiana, il chiasso, i panni stesi, i baretti minuscoli, i fornai che lavorano con il laboratorio aperto (e non si può resistere a quel odore assoluto di pane caldo, bisogna comprare almeno una rosetta da rosicchiare tirandola fuori a pezzettini dalla busta di carta, mentre si cammina, i piedi malfermi dai sampietrini sempre sconnessi), la gente che scambia risate e frasi negli angoli e dai balconi.

Nel bar all'angolo c'è una foto della Porta sotto la neve, in quell'85 in cui Roma fu ben sbiancata; forse l'ultimo, anche se tutti lo evocano in quei quattro fiocchi che cadono tutti gli anni nei giorni più freddi. Da allora la magnolia alle porte dell'Orto è cresciuta in mdodo spropositato, e si sono accorciate le magliette delle allieve della John Cabot. Entro a prendermi un caffé, e nel mentre entra un clone quasi perfetto di Joaquin Phoenix nel suo ruolo di Commodo: le spalle indietro, capelli neri, un vero duro tutto occhi selvaggi, indagatori; misura il bancone ad ampi passi, poi va verso la cassa.

- Hai visto X?
- E' stato qui un attimo fa. - risponde immutabile il cassiere - E' andato via con Y.
- Con quello?
[silenzio, occhiate e ammicchi tra i baristi dietro il banco, a Mr. Phoenix cadono giù le spalle]
- Ma ha detto che tornava più tardi.
- Ah - ed esce a testa bassa, senza dire altro.

Il sole sta sulle palme più alte come un bagnino abbronzato seduto in terrazza a Rimini. Sul lungotevere, il flusso mi porta senza strappi, e senza zanzare, verso il tramonto...

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