venerdì 3 febbraio 2006

Caro zio

Immagino, per esempio, che Andràs Schiff abbia dei nipoti. Immagino che qualche volta, ad una riunione, una cena di famiglia, qualcuno di loro, uno piccoletto, affascinato dal pianoforte che troneggia nel salone, possa chiedere allo zio che sta chiacchierando davanti ai resti infinitesimali del dolce: "Ci suoni qualcosa, dopo, per favore?". E lui, dopo che è finito lo scherzo tonale di bicchieri e posate che si sacrificano alla lavastoviglie, si siederà al pianoforte, aspetterà che ci sia silenzio e, così, perché è in famiglia, attaccherà il primo movimento della sonata Waldstein - una esplosione di colori e di luce - per poi, quando tutti si sono rilassati, cominciare l'Introduzione del secondo movimento in cui il compositore, quasi all'orecchio, stilla una malinconica, nobile confidenza all'ascoltatore, e richiede da lui un silenzio da confessionale, altrimenti niente gioielli, niente bellezza concentrata. E già qualche tossetta dei più irrequieti lo ha un po' seccato, ma quando suona il cellulare del ragazzo della nipotina più grande, quell'allampanato che abita due isolati più in là e che ha scaricato un trillo finto mozartiano, allora

Schiff ha smesso di suonare, si è alzato, ha incrociato le mani, e rivolto al pubblico allibito dell'Auditorium, ha detto all'incirca queste parole: "peccato per questa bella musica. Adesso interrompiamo per qualche minuto e poi continuiamo" lasciandoci tutti a riprenderci dal silenzio di cotanta interruzione. Dai palchi si è alzato uno stentoreo "Tossite dentro ai fazzoletti!!!" subito applaudito in massa e io, che ancora non mi ero recuperata dalla sorpresa, cercavo giù in platea l'immagine di una mano, di un piede, di qualcosa che indicassi che il possessore del cellulare incriminato, ignorante di ogni educazione, fosse stato ridotto a penitenza sommaria dai vicini di poltrona. Poi il pianista è ritornato, si è riseduto e tutti abbiamo contenuto il respiro fino alla fine della sonata, dei due bis, e credo fino a casa.

Mancano due concerti ancora. Beethoven si avvicina piano piano alla maturità ed alla sordità insieme. Non la smette di scrivere. A presto, maestro.

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