sabato 7 gennaio 2006

La donna che sentiva passare i treni

Alle 4 e 29 mi sono svegliata con la sensazione di avere la stanza addosso. Scivolavo pesante come il cemento verso la testiera del letto, giù per una superficie di sabbia e di pietre. Lontano, un treno merci molto lungo si è lasciato dietro i semafori verdi della Stazione Tuscolana, risuonando con tutta la sua ferraglia mentre prendeva la curva verso la Stazione Prenestina. Lo sentivo mentre volevo respirare, ma l'aria rimaneva ferma un po' più giù della gola. Un dolore dimenticato veniva su con una dura tosse, un rumore tra le costole come quando si scarta una risma di carta per fotocopie e la si agita per far disperdere l'umidità. Ho tossito dunque, e il dolore mi tendeva una mano piena di vecchie immagini un po' amiche, un po' nemiche. Abbiamo traccheggiato per mezz'ora, lui volendo istallarsi da me come un vecchio compagno di scuola che arriva insperato e mi vuole raccontare tante cose; io rispondendo "quel tempo è terminato", finché il tutto si è diluito in una stanza dove ho letto - stiamo insieme in casa tua, nella tua stanza dalle pareti celesti, mi siedo sul tuo letto dove stai leggendo, anch'io ho un libro leggero, sorridiamo; naturalmente ci intrecciamo ma non stretti, cercando di rimanere a contatto soltanto con le articolazioni dei polsi e le ginocchia, e manteniamo l'intensità dell'attesa, di un desiderio non compiuto, una tensione intellettuale che trascende ogni possibile misurazione fisica o tentativo di definizione. Arriva la donna delle pulizie con cui ti alzi a parlare. Poi, quando torni, ti carezzo l'interno delle braccia ed è un ricominciare a disegnarci e inventarci, comunicando dai punti di contatto, come in un rompicapo di legno - poi un treno ha frenato lentamente, sicuramente un espresso notturno di quelli che attraversano il paese da Reggio a Milano. Nel silenzio assoluto ho aspettato che partisse, con l'andatura rassegnata degli espressi. Mi sentivo come se avessi dormito in una macchina o in treno, quel senso di precarietà, di mancanza di qualcosa, un letto, un abbraccio, cosa. E ho provato a respirare profondamente, contenendo dentro una cascata di vetri rotti e amori adolescenziali.

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