sabato 18 giugno 2005

Vie di fuga


il grano non c'è più

L'Ardeatina è una di quelle consolari che ti espellono a gran velocità e senza riguardo alcuno fuori dalla Calcutta del centro. Oggi avevo bisogno di uscire, e non tanto di mare quanto di mari di grano, di erba medica; avevo bisogno di pianura, di allargare lo sguardo sotto un cielo più grande. Ho preso un autobusetto celeste con ambizioni da corriera, e sono andata a zonzo.

Lasciata l'Appia antica ai turisti, ecco gli orticelli, le solite case a tre piani, le pizzerie a taglio, i grandi benzinai solitari sulla strada. Carrozzieri, infissi-e-serrande, baretti, vivai e venditori di materiali da costruzione. La periferia dentro la città, perché sto ancora dentro, finché non passiamo sotto il GRA e ci tuffiamo nei campi arati, con i loro moai rotondi di fieno pressato sotto il sole. Salgono tre bambini con in mano dei girasoli presi in un campetto vicino. Sale una signora con in mano un rosario di plastica rosa. Sale una famiglia indiana e due operai romeni. Scesi davanti al Santuario del Divino Amore, ci disperdiamo. Il tramonto è dolce e lunghissimo. Mentre salgo le scale, vedo una signora che spazza un mare di riso, quello che gli amici hanno buttato in testa ai due novelli sposi, poco tempo prima.
Un'altra la osserva, appoggiata al corrimano delle scale, il ventaglio cadenzato.

- Dovrebbero pagarlo, questo lavoro, gli sposi. Guarda un po', c'è dappertutto. E mo' che fate di questo riso?
- Lo diamo alle galline.
- Ah! Ce ne sarà per una quarantina!!


Il piazzale antistante la vecchia chiesetta è spoglio e battuto dal venticello. Intorno, grano mietuto oppure erba medica, con i suoi toni scuri ed i puntini viola dei fiori. Fattorie abbandonate, con le finestre come occhi vuoti, semisommerse nel giallo. Lontano, la collina di Tivoli. E sopra, cielo infinito: bevo, bevo con gli occhi. Poi, vado a osservare gli exvoto. Non posso non pensare alla fede di queste persone, al loro momento di shock: ho sempre grande rispetto. Nelle foto, macchine reduci da un frontale, camion distrutti, moto accartocciate; e poi stampelle, piccole storie di grandi cadute da alberi o da impalcature o da cavalli. E anche tanti bambini, tanti fiocchi, la speranza compiuta di tante donne. E le magliette sportive, i caschi, le biciclette, gli oggetti lasciati come memoria di se stessi e di un momento solo, un momento di smarrimento enorme, proprio.

Al ritorno, al di qua della finestra c'è azzurro e garze di nuvole strappate: di là le parallele gialle dei campi di girasole. Dentro sono più serena. Una coccinella giovane sta ferma, tutta rossa, vicino al vetro. Non ha certo coscienza del gran viaggio che sta compiendo, verso altre piante ed altri giardini. Io sì, io me ne accorgo, il viaggio c'è sempre: basta sentirlo in noi stessi, basta una strada consolare o l'odore dei fiori di ligustro, che annuncia l'estate. Viaggiare sempre, e sempre imparare...

<< Home