lunedì 21 febbraio 2005

Dove sono, chi sono, mi sentite Terra?

La mia penna mi ha abbandonato alle 7.51 a.m. Ferma al semaforo, sotto un cielo grigio, ho scritto appena tre frasi sgorbiate sul mio taccuino giallo, ed è finito l’inchiostro. Un millisecondo prima del verde ho ingarbugliato tutto: non trovavo la leva delle marce, la mano sinistra si è smaterializzata sul volante, la destra costringeva gli occhi a guardare in basso, nell’incomprensibile nulla lasciato dalla penna; le vertebre si sono schiacciate e non ho visto più fuori, ma soltanto il bordo superiore della plancia. Poi, ha preso a piovere, da destra e da sinistra è arrivato un fiume di macchine e sono spuntati, compassati e coperti dalle loro giacche antitutto, i pizzardoni. Ricompostami, non ho visto più metafore da riportare nero su bianco, aggettivi, visioni in motion della città, punti che sono pause di respiro sospeso, corsivi come alte aperte finestre: la lamiera imperante mi ha inghiottito in un tripudio di polveri sottili schiacciate a terra e vinte, anche solo per questa volta. Nell’immenso toboga di piombo, ignara del vento turbolento che sferzava alberi e lampioni, pensando al blocchetto frettolosamente buttato dentro la borsa, sono stata spinta fino alla timbratrice.

Ah, penna traditora, ambiziosa. Ho capito, tu vuoi firmare assegni o ricevute, avere una presenza forte in calce ai contratti, liberare i postini ed i corrieri dai loro ingombranti fardelli: uno svolazzo che è un interruttore, significa denaro, un oggetto, l’essere imprescindibili. Gli abbozzi grossolani dell’idea sono roba da quale tipo di sanguigna? Ti sostituirò con una più fida matita 2B, fedele fino all’ultima briciola di grafite, e che permette anche lo sfumato ed il dubbio. Aspetta, nel livore, condannata alla mia agenda: compleanni, scadenze, liste della spesa!

<< Home