domenica 13 febbraio 2005

Sunday, sleepy sunday

Sfasciacarrozze, orticelli, capannoni di lamiera, mucchi di traversine, fabbrichette e carrozzerie, parallelepipedi di portabottiglie verdi e neri, platani e robinie completamente spogli i cui rami schiaffeggiano lo sguardo, torri dell’alta tensione, geometrici stop visti dall’alto, un muro di eucaliptus, due ragazzi fermi in un campetto, un bunker coperto di licheni, la via del Mare a sottolineare il tutto con un bel tratto nero, il ritmo delle ruote sui binari, case di Ostia come virgole tutte uguali, nuvole indecise, banchetti di magliette e felpe di squadre di rugby.

- Un cappuccino, molto lungo di caffé.
- Cioè un cappuccino scuro?
- Si, esatto.


Nel bar non ci sono più cornetti, ma fioccano i caffé mentre il barista, coi capelli tinti di un nero corvino, fa le prove facendo volteggiare una bottiglia di latte e poggiandola di botto, come i barman acrobatici. La gente entra ed ha tutta quell’aria di appena alzata delle domeniche mattina, un aria che dura almeno fino alle cinque del pomeriggio; si poltrisce. E il sole di Ostia sembra sempre preso in prestito alla capitale. E’ un sole di borgata, è come quando vai per il Tiburtino Terzo al di qua dell’Aniene, ma anche al di là, verso Casal dei Pazzi, e se chiudi gli occhi senti ancora l’odore della fanghiglia degli argini là vicino, degli orticelli a pelo d’acqua sporca; è subito Pasolini e Jarrett, The Köln Concert anche nei viali e le strade anonime, e su tutto quell’odore sfuggente di mare, quei gabbiani invernali che si fermano sui tetti come stessero per andare via per sempre. Ma vanno e vengono, guardando la ruota panoramica del parco giochi che gira, completamente vuota, contro il cielo.

Mura romane, due pini-tre pini-una pineta, un’autobus che arriva alla fermata, incroci con indicazioni bianche blu e verdi, escavatrici bloccate nel gesto meccanico, roulotte abbandonate e sfatte, terra rimossa, rovi e canneti, un mucchio di griglie di ferro arrugginite al sole, alberi spogli e mal potati, rampe di salita e discesa del raccordo, la griglia del Gazometro di Testaccio - e là, lontano, il Tevere - panni alle finestre e profili arrotondati di case dell’Ostiense, uno sguardo ai banani strapazzati della Stazione Lido, e via per i tunnel blugommati fino a casa.

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