venerdì 22 ottobre 2004

I media passano il giorno a raccontarcelo

L’annuncio di uno sciopero dei mezzi pubblici fa diventare frenetica la città. E’ tutto un rimbombare subliminale della minaccia atomica: domani, un macello! Non andate a lavorare, aggrovigliatevi nel letto, chiudete le persiane perché fuori ci sarà un bel ciclone di latta, una tempesta di quelle che alzano da terra notizie di cronaca e titoloni bold. E voi motorizzati, pregate prima di uscire! Masse oceaniche di pedoni vi investiranno, circondando ogni mezzo (soprattutto minacciose verso gli odiati motorini) e guai ad alzare il claxon. In queste giornate io mi preparo come quando ero piccola e si partiva per una gita in montagna. Ero effervescente già dalla notte prima, le articolazioni scrocchiavano, preparare lo zaino, questosì-questonnò, ci metto il coltellino, quali calzini vanno meglio? Pane e cioccolata, per la merenda, mentre scendiamo… Leggo cose leggere, mi lavo i denti con la dovuta lentezza di un rituale preparatorio. E nemmeno il caffè mi fa effetto alcuno.
La mattina tutto va in forwardfast, adrenalina, esco che è leggermente buio ancora, una lenta resistenza tiene ancora prigioniere le strade; che ora è? Le sette di mattina o le sette di pomeriggio sono esattamente uguali, stesse luci dei bar e dei negozi, stesso cielo incerto che sta per precipitarsi dentro qualcosa; una brezza puntuale mi risveglia.
Inutile interrogare il cielo mentre guido. L’alba si apre rossa e sporca come un esplosione, ed arrivo al lavoro insieme ai pochi intoccabili da tutti gli scioperi, quelli che vincono l’ingorgo e lo lasciano ai non allenati. E quando dopo altri mi raccontano i dettagli della mostruosità umana, alla quali per oggi noi siamo rifuggiti, io sogghigno, perchè so di aver risparmiato un’energia vitale ed un tempo che non hanno prezzo…

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