No, non sono cittadina italiana
Beh, sono andata a farmi mettere un timbro sul permesso di soggiorno che è in rinnovo, perchè sennò la USL non mi rinnova la copertura sanitaria.La saletta è piena di filippini (organizzatissimi con cartelline e fotocopie e foto di tutti, sanno tutto quello che devono fare, parlano a bassa voce, non protestano se uno gli passa davanti; insomma io li ho sempre trovato assurdi, ma non possiamo fare paragoni tra i mediterranei sanguigni e gli asiatici enigmatici.. almeno credo), donne arabe con bimbi dai grandi occhi, che parlano con loro in italiano, romene che chiedono il permesso per il ricongiungimento della famiglia, ucraini, una peruviana giovanissima, scafatissima e bellissima che tutti guardano-e-ripassano, inguainata in roba jeans aderente; i gesti, spavaldi, nascondono un’insicurezza da bambina che esce fuori, con tutte le marche da bollo, dalla cartellina nella quale non c’è la necessaria fotocopia del passaporto: dall’ufficio i ragazzi la chiamano, “Vai, vai a casa e prendilo. Ti aspettiamo!!! Attenta con il motorino, che piove”. E lei va, facendo ciondolare il casco dentro il quale ho visto prima una mezza merendina….. Il poliziotto addetto, un bonazzo assurdo con fisico da surfista e occhi cerulei, insieme a una sua collega timbrano, fotocopiano, archiviano, ammucchiano (vorrei zoomare sul porta timbri: ne devono mettere circa 6, una metafora amara della burocrazia); altri colleghi vanno e vengono, consultano i terminali, fotocopiano infinitamente, si tirano palline di carta, fumano, nervosi, in barba al divieto, uscendo anche per un po' nel minicortile, scherzano, bevono caffé dalla macchinetta posta dietro a tutti noi (anch'io l'ho preso; sono assuefatta a qualunque cosa sia caldo ed abbia un minimo sapore di caffé) e sento l'ansia di tutti sfiorarmi da vicino. Io sono una privilegiata, in mezzo a storie che sento e che sicuramente i poliziotti sentono tutto il giorno fino a che, come al Pronto Soccorso, ne diventano immuni. Ragazze licenziate dalle figlie delle vecchiette a cui fino a ieri hanno cambiato i pannoloni, madri sole, separate dai figli lasciati soli o nelle mani delle vicine, uomini soli che non sanno dove andranno dopo, in quale cantiere cadranno e si romperanno una gamba, viaggiatori bloccati, con il biglietto pronto e la famiglia che strepita laggiù, nel paese di moltolontano, e così via.
Io mi siedo, aspetto, e poi mi butto a chiedere, come gli altri che non avevano “l’appuntamento”, notizie dell’agognato foglio di carta. Qualche speranza che arrivi nei prossimi giorni. La ragazza peruviana, ultima, entra nell’ufficio ancheggiando, mentre la notte scende, mentre la pioggia scende dispettosa come soltanto a Roma sa scendere la pioggia, e corro verso casa…
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