martedì 12 ottobre 2004

Away means forever

Mi sono alzata grigia quanto il grigiore della pioggia stanca, e mi sembrava di stare a Bilbao, a Marghera, nella Bassa padana, comunque sotto la nebbia-l’industria-l’inquinamento, e poi lentamente il grigio è andato ad aprirsi, ad est un’esplosione atomica gialla – nient’altro che un sole incazzato tenuto fermo sotto una mano di umidità - tentava di riempire il cielo, ad ovest ancora nuvole sporche come stracci da pavimento, sempre di meno, sempre più sfilacciate, finché sulla tangenziale rallentata è scoppiata la luce prima radente come un pugnale, poi incombente come un manto. Incolonnata con gli altri sull’autostrada, guardo distrattamente davanti e dietro, tentando di sbirciare i visi delle persone, i gesti delle loro macchine, qualche espressione delle singole psicologie che tutte insieme cozzano e si disfano nei 12 km fino al raccordo.

Dietro a me, una ragazza al volante di una Patrol verde mi sorprende. E seria, ieratica, mi ricorda tutte le pubblicità con ragazza bionda acqua e sapone: ma non è una bellissima da copertina. Mi incuriosisce una certa sua serenità. Non porta la fede, la cintura di sicurezza sembra più una banda da miss che una protezione. Cos’è, dove va, chi l’aspetta? La pelle è di quel colore meraviglioso che presuppone un trucco accurato, ma io so che non c’è trucco, guardo questo colore che vorrei riprodurre quando lavoro con colori e pennelli, e che soltanto forse un Velazquez, o anche un Bacon a modo suo, sono riusciti a riportare. Nel procedere a 10 km/ora, mentre con un occhiata prevedo lo scatto senza frecce di quelli che vengono da destra, con un’altra continuo ad osservarla. S’innervosisce, non so se per il traffico o perché la guardo in questo modo (e però non riesco a smettere), comincia a torturarsi i capelli lisci biondo grano, li arrotola e li srotola. Sposta la Patrol verso sinistra come per sfuggire al mio specchietto, ma forse mitizzo l’influenza del mio sguardo, perchè dopo un po’, con normale inerzia da guidatore, si sposta verso il centro e la rivedo, adesso si tira i capelli, non un muscolo che si muove, non un’occhiata, ma i gesti dicono tutto, ed ecco finalmente la mia uscita, un lampo dei suoi occhi e poi lo sguardo dritto sull’asfalto della corsia di sorpasso.

Io freccio e la guardo passare, senza sentimenti, la vedo andare via verso un nonsodove della sua vita; un momento di bellezza fugace mi è stato dato questa mattina, tra le tante brutture…

<< Home