martedì 27 giugno 2006

Tu come stai

La moto gialla con sopra due ragazzi non sa bene dove andare. Il camioncino lo sa bene, e difatti usa tutta la strada disponibile sia a destra che a sinistra, di sopra e di sotto, ovunque e dovunque. Io vado piano, pensando, sulla solita tangenziale dall'asfalto oggi tremolante, nella foschia di questa mattina che sembra l'entrata di un giorno di mare: lo stesso venticello, il cielo schiacciato, la promessa di un sole che entrerà con noi nell'acqua e anche dentro, riserva di energia.

Passano i giorni così, senza che nulla mi smuova. Non mi sembra di sentire. Dentro porto non la mancanza di qualcosa, non la pienezza di qualcosa. Come se fossi diventata per un po' parte del tutto e non quella dolente, non-riconosciuta, parte di me stessa che si avvicina troppo alle macchine, che si sfida a frenare prima di toccare.

Leggera, uno scalino della vita alla volta. Dall'altezza di qualunque età si vede tutto un orizzonte, e dalla mia vedo il mio intero continente: le parti al sole, le parti in ombra e, lontano, quelle che vanno verso la notte. Mi spoglio della zavorra di pensieri di azioni impossibili. Abbraccio i miei sogni e li saluto come a vecchi amici. Mi prendo un caffé con le mie illusioni, riconciliata.

E so bene che è un golden time, nel quale si paga il doppio ai lavoratori: un tempo di crudele felicità nella solitudine. Assaporo ogni stilla di luce che vivo. Finché dura.

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